Alle amenità ci pensa la pia Gelmini, il grembiulino, il sette in condotta e la maestra-mamma, all’università il laico Brunetta. A chiudere l’università, che è poi il vero obiettivo della ministra, e a questo punto del governo – l’università è l’area, di tutto l’edificio scolastico, in cui c’è polpa, vero business. Il ministro della P.A. ha operato senza proclami ma con la nota incisività: un emendamento in commissione Lavoro alla Camera sul 1441 quater, la manovra estiva, che cancella le stabilizzazioni previste dalle due finanziarie precedenti. Anche di quelli che hanno vinto una qualche forma di concorso.
Nessun dramma, chi ha titolo alla stabilizzazione lo farà valere, è decisione facile, rapida e obbligata per qualsiasi giudice del lavoro. Ma l'efficiente ministro sa quello che fa: bisogna che i nuovi entranti scappino dai ranghi universitari, quelli capaci, e a questo fine l'emendamento certamente sarà efficace.
I “tagli” previsti sono 50 mila. Tanti quanti sono stimati i precari all’università, che si sentono l’obiettivo vero dell’emendamento. L’emendamento cancellerebbe infatti anche il comma che stanziava i fondi per la stabilizzazione negli enti di ricerca. Il Progetto, com’è noto, della Moratti e ora della Gelmini, è di svuotare l’università, impedendole di funzionare, nel mentre che si moltiplicano le istituzioni private. L’emendamento Brunetta dà la spinta decisiva. Senza precari, non solo la ricerca, anche la didattica diventa impossibile all’università. Come succede a Firenze, dove i contrattisti rifiutano i rinnovi: molte facoltà non riescono a far partire i corsi neanche in formato ridotto.
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