Si chiamava roll back la politica americana e della Nato, al tempo di John Foster Dulles e della guerra fredda, che doppiava il containment del comunismo con azioni di disturbo e di riconquista dov’era possibile, sovvertendo la spartizione postbellica in sfere d’influenza. Ora è la Nato a essere sottoposta a un intenso roll back, anche se da parte di un nemico composito, in tutti i fronti dove si è avventurata, quello islamico, dal Libano al Pakista, Iran e Iran inclusi, il Caucaso e il mar Nero, l’Afghanistan. Ovunque la Nato è in difficoltà. All’apparenza le difficoltà sono militari. Ma, data l’indiscussa superiorità Nato di mezzi e armi, la debolezza è politica e di progetto.
Se il nemico è composito il fronte è unico: è la leadership occidentale del mondo da vent’anni a questa parte. Che l’Occidente ha esercitato in solitario, forte del predominio militare e monetario. E per l’Occidente gli Usa, di cui l’Europa è a tutti gli effetti un compagno di merende. Finché si trattava di azioni di disturbo sulle retroguardie della Russia in ritirata, nei Balcani e alla frontiere storiche, e di bombardamento della sabbie irachene e afghane, l’Europa s’è illustrata, ora che la Russia si mostra riorganizzata, e gli uomini Nato sono scesi dall’elicottero, le schiere europee si rompono. Ma la partita principale si gioca, in Asia o ai suoi confini, tra gli Usa e le ex superpotenze.
La globalizzazione si decentra?
Russia e Cina hanno accettato per vent’anni l’egemonia americana, riconoscendo la sconfitta del comunismo. La Cina anzi se n’è fatto baluardo nella sua nuova proiezione mondiale e il suo nuovo “modello di sviluppo”, attraverso l’operosità e gli scambi. Ora qualcosa si sta modificando sotto l’egemonia americana. La rinuncia della Russia alla Wto, se non cambia quasi nulla degli scambi internazionali, potrebbe essere l’indicazione di una stagione conclusa, quella del libero scambio, o del condominio Usa-Cina sull’economia mondiale. E sicuramente avrà effetti sull’americanismo dell’Europa, la quale con la Russia deve convivere sotto tutti gli aspetti. Mentre parte il roll back della Russia alle sue frontiere contro l’aggressione Nato.
La Russia che snobba l’America, e anzi la sfida, insomma, apre una falla nel monolitismo della glogalizzazione, e potrebbe resuscitare la vecchia dottrina di Kissinger del multipolarismo – la dottrina americana che ebbe vita breve, nei quindici anni tra lo scacco del Vietnam e il crollo del comunismo. Altri soggetti stabilizzatori sono comunque necessari nell’arco della crisi, del radicalismo islamico (Libano, Israele, Irak, Iran, Afghanistan) di cui la Nato non sa venire a capo, e dell’ex Unione Sovietica.
Anche sul fronte monetario assetti diversi sono necessari. Per governare la globalizzazione, qualsiasi altra forma essa possa prendere dopo la crisi finanziaria euroamericana, stante il perdurante benign neglect del dollaro, che ne era il fondamento. Nuovi centri propulsori della globalizzazione sono nei fatti, il dollaro non basta più, e si riflettono nelle politiche. L’euro dovrà assumersi un ruolo, e lo yuan e lo yen potrebbero volerlo: la politica americana del dollaro debole accentua le incertezze e le oscillazioni, specie delle materie prime. Il ritorno dell’inflazione nell’ultimo biennio non ha altra ragione che la debolezza del dollaro, che prolungandosi ha sconfitto le difese delle monete forti, ora esse stesse causa d’inflazione. Non solo la Russia, anche l’Asia vorrà un suo ruolo, e l’Europa potrebbe esservi costretta.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento