Non c’è mai stato dubbio, Alitalia doveva passare a Passera, Colaninno e soci, auspice Berlusconi, un sinistra-destra imbattibile, e così è stato. S’è intromessa la sceneggiata di Epifani, ma questo è un problema - un altro - del partito Democratico. Che invece di cavalcare la soluzione scontata, e necessaria, perché no, ha cercato, peraltro senza convinzione, di osteggiarla – i casi sono ormai troppi di masochismo per domandarsi perché. Completando la "putinata" con la improvvida soluzione a tre a casa per il tè, en petit comité si diceva nella Francia degli affari.
L’esito della trattativa, e il suo successo, erano assicurati in partenza. Alitalia ha “in tasca” il secondo maggior mercato aereo europeo, e c’è solo da mettere mano alla miniera. Ci saranno due hub, come in Germania, con l’intensificazione del traffico intercontinentale. Rientra quindi il problema di Malpensa. Almeno per quanto concerne l’uso dello scalo – i problemi di Malpensa sono tutti di terra. La partecipazione straniera ci sarà, ma non è indispensabile. Indispensabile è la partecipazione di Alitalia, che già c’è, in un pool internazionale. Il rischio per i compratori è minimo, come l’esborso richiesto. E, in dipendenza dalle condizioni che Passera farà ai vecchi sottoscrittori Alitalia, potranno alleggerirsi presto col ricorso al mercato.
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