Nega il tribunale di Milano a Berlusconi perfino la minima soddisfazione di dirsi diffamato, come in effetti è, dal settimanale l’“Economist”, così pieno di agenti del servizio segreto inglese. Milano in effetti governa sdoppiandosi, anzi triplicandosi. Governa l’Italia in senso proprio, attraverso Berlusconi e il ceto berlusconiano, le Moratti, le Marcegaglia, le Gelmini e qualche vescovo. Chiacchierone e perfino frou-frou, ma per la platea, semrpe comunque determinato. E governa con l’antigoverno, nella fattispecie l’antiberlusconi. Indirettamente, attraverso il ceto giuridico partenopeo, e quindi con raffinata crudezza, più spesso con spregiudicatezza, quasi sempre al di fuori della costituzione, ma con mano sempre milanese, sempre insensibile. È l’antigoverno delle grandi banche, che Milano dà in affidamento, per sfuggire in questo caso ai giudici napoletani, alla sinistra e all’estrema sinistra, e dei loro giornali.
Poi c’è naturalmente la Milano della Lega, che ha saputo crescere e imporre il suo ordinamento, che sarà in definitiva la nuova Italia. Non la famigerata Seconda Repubblica dei vecchi arnesi della prima, ma la Terza Italia, dopo quella sabauda e la Repubblica statalista, della democrazia sociale: un’Italia che tenta la ripartenza al punto della storia in cui l’unità l’aveva soffocata, con le autonomie, liberamente aggregate.
Sono le tre anime di sempre di Milano. Quella del miglior lombardismo, localistica e oculata. Quella controriformistica, festaiola per le apparenze e molto determinata. E quella gaddiana della piccola borghesia, invidiosa (perbenista, fascista, loretiana, maggioritaria silenziosa, razzista), anche se non si sa di che - di Napoli?
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