Carlo De Benedetti amministratore di “Repubblica” significa stringere le redini per meglio far ripartire la carrozza. In casa Cofide non si fa mistero dei motivi per cui l’Ingegnere ha voluto alla sua età gravarsi della gestione del gruppo editoriale. Smaltiti i convenevoli, con i direttori dei giornali e le redazioni, vuole tentare di raddrizzare i conti del settore in pochi mesi, già per i conti 2009.
L’Espresso-Repubblica ha i problemi che hanno tutti i gruppi editoriali: vendite in calo e pubblicità stagnante. Ma De Benedetti ritiene che molto si possa incidere sui costi – il numero delle redazioni e gli addetti. Da qui l’allontanamento di Marco Benedetto, che si era detto indisponibile alla ristrutturazione. L’Ingegnere si è impegnato in prima persona, piuttosto che ricorrere a un manager esterno, magari esperto di ristrutturazioni, perché ritiene di avere abbastanza carisma per condurre in porto l’operazione indolore.
Il gruppo non è in vendita. La famiglia De Benedetti non intende rinunciare all’Espresso-Repubblica, per ragioni affettive, e anche perché il settore è ritenuto sempre promettente. “Il gruppo L’Espresso non si vende”, ha detto Rodolfo De Benedetti alla stessa “Repubblica”: “Sono in Cir da venti anni, amministratore delegato da quindici, non ho mai cullato questo progetto”. Ma l’editoria dovrà migliorare la redditività, che nell’ultimo triennio è solo effetto di window dressing.
È d’altra parte chiaro che l’impegno a non vendere è subordinato a un ritorno alla redditività. Lo scorporo dell’editoria dalla nuova Cir-Cofide e il suo accantonamento in una sorta di bad company vuole dire esattamente questo. Senza escludere un buon acquirente, con una buona offerta: lo scorporo vuole dire anche questo.
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