Dunque, Carlo De Benedetti assume in proprio le redini del gruppo L’Espresso, licenziando Marco Benedetto. È questa la notizia al tempo del gossip. Mentre invece la novità è che le attività editoriali non faranno più parte del gruppo De Benedetti, del core business della sua Cofide. La componentistica, l’energia, la sanità, la finanza sì, l’editoria no. Benché abbia prodotti e testate di grande qualità e rinomanza. E abbia da solo assicurato a De Benedetti quelle patenti di nobiltà nel mercato dei capitali che gli venivano contestate: un bene dunque in un certo senso di famiglia, benché recenziore, carico di affetti se non di utili.
La notizia è lo scorporo del gruppo L’Espresso dalla nuova Cir-Cofide: le attività editoriali restano confinate nella vecchia Cir, che a questo punto è una bad company, la zavorra del gruppo. Carlo De Benedetti lascia la nuova Cir-Cofide per L’Espresso un po’ per segnare la successione, a favore del figlio Rodolfo, per lasciarlo crescere. Ma soprattutto per tentare di raddrizzare e salvare il settore editoriale. La scissione è stata preceduta ed è accompagnata da una serie di calcoli che, benché rifatti e riadattati a molteplici pesi, danno tutti una redditività insoddisfacente dell’editoria. Nel 2006 e 2007 il settore ha dimezzato i valori, di capitalizzazione e patrimoniali, e annullato in sostanza la redditività, se non per accorgimenti contabili. Nel 2008 le cose non vanno meglio.
Più liquidità per l’energia
Nel complesso, Cofide vanta una redditività elevata, quasi il doppio della media Mibtel: il 24 per cento composto nel quinquennio 2003-2007. Ma insufficiente per le necessità di capitalizzazione del settore di punta del gruppo, l’energia. Lo scorporo dell’Espresso nasce soprattutto da questo: in un mercato riflessivo, a liquidità contratta, si è ritenuto che Cofide dovesse mantenere elevata la redditività, e se possibile migliorarla, a fronte dei nuovi capitali di cui ha bisogno per crescere, e che per l’energia sono ingenti. Il settore è redditizio, ma ha bisogno di capitali.
Verbund, il socio austriaco di Sorgenia, si è impegnato a un aumento che porterà il capitale a quattro miliardi, e Cofide non vorrà essere da meno. Con il 6,5 per cento della capacità elettrica nazionale, Sorgenia è l’operatore forse più piccolo, e deve crescere, con alleanze e acquisizioni, e un forte impegno di marketing.
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