L’ex Pci non esprime nulla di meglio di Veltroni e D’Alema. Cioè niente, a parte l’orgoglio di partito. È su questa base che i prudenti democristiani sono usciti dopo la pausa estiva dal mugugno e scopertamente puntano a un mutamento deciso nel Pd. Con Prodi a capo. Pena lo scioglimento, i pontisti Fioroni e Letta non facciano velo. Gli ex Dc sono decisamente con Prodi, che è decisamente anti Veltroni, con Parisi e Bindi, ma anche con Marini, e con gli stessi Franceschini e Letta.
Nessun dubbio aveva suscitato il ritiro di Prodi dalla politica. E non ci poteva essere, Prodi si poneva nella riserva della Repubblica per succedere a Napolitano. Sempre in ticket, come da tredici anni, con Veltroni. Prodi e i suoi migliori patrocinanti, gli editori De Benedetti e Bazoli. Questo fino a un mese fa. Poi, di fronte al nulla di fatto di Veltroni dopo lo schiaffo elettorale, dopo il quale continua a girare a vuoto intontito, Prodi ha preso a criticare Berlusconi, e il suo fido Parisi a criticare Veltroni. E in pochi giorni si è arrivati all’affondo.
Il ritorno in campo di Prodi è cosa decisa, sempre d’accordo con Bazoli e De Benedetti. Le forme sono molteplici, ma l’intenzione è ferma. La tecnica è la stessa, del fondista, del pugile tecnico: un colpo o un allungo, pausa, un altro colpo. L'incarico all'Onu che Prodi briga servirà a farlo ritornare stabile in tv, alla Rai che è per lui ed è già in fibrillazione. Le stesse indiscrezioni-intercettazioni di un Prodi che smentisce se stesso, come se fosse antiveltroniano da sempre, rientrano in questa strategia. Senza scandalo e nemmeno sgambetti: Prodi non ha mai ghigliottinato nessuno, non è nel suo stile. Né in quello di Bazoli. Né dello stesso De Benedetti, pare, ora che dirigerà personalmente i suoi giornali. Ma senza scampo, un colpo oggi, un colpo domani, finché non cadrà. Prodi quando decide una cosa la fa. Veltroni dovrà cadere da solo, ma non avrà altra soluzione.
Veltroni e gli ex comunisti devono passare la mano, dopo il governo nemmeno l’opposizione è cosa per loro, a giudizio dei vedovi dell’Ulivo. Lo stesso Veltroni sembra peraltro concordare con loro, che alla festa di Firenze, sotto il trionfalismo, non ha fatto nemmeno uno sforzo per coprire il suo incredibile vuoto, di progetto e di proposta. Veltroni non è stanco, non sembra, ma mostra di aver capito, i suoi sponsor giornalistici glielo dicono ogni giorno quasi con violenza, che il suo tempo è finito. E l’uomo non è uno che dà battaglia. Ha la carta del congresso, che lo farebbe stravincere, il popolo ex comunista si mobilita sempre all'unisono, come già alle primarie. Ma sa che in questo caso lo farebbero fuori prima e senza ripescaggio.
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