Si susseguono al ministero dell’Istruzione a Trastevere a Roma i cortei e i sit-in di studenti dei licei contro la scuola targata Gelmini. Non sono molti, qualche centinaio. Ma si fanno notare. Bloccano infatti il tram n. 8, che nella striminzita rete urbana dei trasporti fa da metropolitana di superficie per il quarto di Sud-Ovest della città, e quindi bloccano, nelle due-tre ore prima dello sciogliete le fila per il pranzo, alcune migliaia di persone nei loro trasferimenti da e per la città.
Ma non c’è aria di manifestazione, libera, irridente, innovativa. Gli hurrah sono su chiamata, come ai talk-show in tv. I messaggi al megafono sono sempre gli stessi, il linguaggio è ripetitivo, anche le voci dei leader sono stanche, da compito obbligato o fatica assegnata. È il modello del Sessantotto, vecchio quindi di quarant’anni, trasposto a uso di piccoli funzionari di Partito. Anche i concetti vogliono essere “di opposizione e di governo”, il modello ex-Pci trasposto nel partito Democratico, gli interventi della nuova sinistra limitandosi sono ogni mattina a non più di un paio, e anch’essi stanchi. Senza idee per la scuola, senza per la politica o per il proprio destino, che poi è la stessa cosa.
Somaticamente è il modello napoletano dei disoccupati organizzati. Trastevere è un viale, ma davanti al ministero dell’Istruzione si crea una cavea che ricorda la parte superiore di piazza Municipio a Napoli, quella che per decenni fu occupata dai disoccupati organizzati. Con i loro slogan ripetitivi. La loro piccola organizzazione ininfluente, anche se capace di ricatto. Destino a cui i ragazzi anti-Gelmini personalmente vanno incontro, se è vero ciò che dicono al megafono. Ma, sembra, senza preoccuparsi.
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