Il presidente francese Sarkozy abbatte i simulacri europei. Il fondo sovrano negato all’Europa, su proposta dell’Italia, creandoselo da solo. E alla Repubblica Ceca, o altro paesucolo dell’Est che dovrebbe succedergli nella guida dell’Ue, spiegando irritato che è meglio che non ci provi e che lasci fare a lui.
Il simulacro politico è in effetti debole in Europa, la pari dignità tra i ventisette, l’unanimità, eccetera. Si sa che l’edificio europeo è una piramide, i referendum contro l’unione politica lo hanno sancito criticamente, Sarkozy non fa che riaffermarlo in positivo: chi si accontenta, chi ci ha comunque interesse, ci segua. E questa è tutta la democrazia e l’edificio costituzionale europeo.
Il simulacro economico era invece sostanziale, e la sua rottura avrà grosse implicazioni. Si rifletterà sulla gestione della concorrenza, centrale al cosiddetto mercato europeo, e sullo stesso euro. Che, già ansimante sulle politiche fiscali e di bilancio, ora non governerà più il credito e la concorrenza. Sarà un denominatore di valore, come il tarì arabo nella Sicilia di Pirandello.
Il risparmio pubblico francese verrà incanalato in un fondo che aiuterà la francesità delle grandi aziende, contro tentativi di raid. Con un ventaglio d’interventi già calcolato in 175 miliardi. È una cifra enorme. E una cosa che va contro le regole della Wto e della Ue. Ma non c’è dubbio che la Francia la realizzerà, magari con il beneplacito della stessa Bruxelles. La concorrenza europea si limiterà squallidamente a sanzionare il piccolo aiuto italiano alla sopravvivenza dell’Alitalia.
L’Europa resterà nuda dopo la crisi, questo si sapeva. Ma la presidenza Sarkozy, con l’attivismo degli ultimi giorni, è come se avesse deciso di picconarla dalle fondamenta. E nessuno tenta di impedirglielo, anzi nessuno se ne preoccupa.
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