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Arte - Presuppone l’ozio, un interesse cioè per l’inutile. Sotto forma di lettori, conservatori, collezionisti, mercanti. L’arte è dilettante.
Ateismo – Richiede cattiveria, poiché vuole distruggere Dio.
Bellezza - È verità – non solo per Platone, in senso filosofico cioè. Entrambe sono l’abolizione-sospensione del vissuto,che necessariamente è mediocre, importuno, per un assaggio di come potrebbe essere.
Biotecnologia – È la riproduzione del tempo – per ora sotto forma di scimmiottamento – attraverso la tecnica. L’uomo tenta di fissare l’evoluzione, che ancora fa la superiorità della natura, e lo fa trasformando il tempo, con l’incertezza e l’infinitamente percettibile, in discontinuità tecnologica. Da qui il ridicolo, più che il terribile, dell’ingegneria genetica.
L’uomo potrà riprodursi artificialmente, questo tipo di complessità è alla sua portata. Ma senza appropriarsi del tempo, dell’infinitamente piccolo e multidirezionale, della linfa dell’evoluzione: l’adattamento è il contrario della tecnologia.
Crisi - È la rottura di un equilibrio, non di una razionalità, non necessariamente.
È un’azione e non una reazione.
È offensiva e non difensiva.
Wall Street che manda a picco l’economia americana e mondiale è l’affermarsi un gruppo di speculatori contro l’interesse generale. Le motivazioni razionali che se ne danno sono inconsistenti: il rischio banche non c’è, non più, la recessione temuta diventa a questo punto obbligata,
Dio - È la fantasia nel mondo fisico, finito, l’immaginazione.
L’ateismo è riconosciuto nei suoi limiti razionali. L’abbandono della metafisica vuol’essere un di più d’immaginazione – in Heidegger lo è – e di creatività. O un adeguamento ala ragione mondana?
È il desiderio di nobilitarsi (santificarsi). Tutti desideriamo essere figli di un re.
È della logica (probabilità) fuzzy – l’intiero contiene la parte, ma anche la parte contiene l’intiero. Della versione cioè già pascaliana: “Posso conoscere il tutto solo se conosco le parti in maniera specifica, non posso comprendere le parti solo se conosco il tutto”.
Non può essere predeterminato. La fede è una logica flessibile.
Perché non parla più, dopo Mosè?
Don Giovanni – È Casanova intristito. Entrambi sono hommes à femmes. Che si destreggiano, cioè, per passare indenni attraverso la non comprensione femminile – la mancanza di compassione.
Esegesi - Ha torti e meriti. Ma il suo esito è di oscurare il suo soggetto. Anzi, di dare i suoi testi per ben morti.
Sui testi sacri magari è più dolce della teologia, non si vuole torturatrice, ma sempre è secca: l’interpretazione è creativa, ma per l’interprete
Libertà – Più siamo illuminati più diverremo liberi (Voltaire) non è la stessa cosa che più siamo liberi più saremo illuminate. È l’esatto opposto. La saggezza non va con la libertà?
È ordinata a un fine: non si può non mangiare, volendo vivere, o non dormire. Né si può mangiare troppo.
Passione – “Genius is the ignition of passion (affection), non intellect, as is supposed”, direbbe Dickinson, la vedovile vergine del Connecticut. E Beethoven - Stendhal, che ne fu teorico, era onanista. Ma Kant aveva stabilito che le buone azioni sono spassionate.
Già per lo stoico la passione è la schiavitù dell’animo, come per il cinico. Nel nostro essere cristiani siamo pro e contro, vorremmo e non vorremmo. Il trattatista Stendhal, non avendo studiato Descartes né Spinoza, e quindi senza filosofia, attesta che le passioni sono innocue, soprattutto se l’amore si riduce a un bel corpo, occhi compresi, buone al più per sentirsi vivi. Si potrebbe aderire alla concezione fourieriana delle passioni, combinazioni di ogni impeto, di prendersi come di lasciarsi.
Occidente – È la cultura dell’autoaffermazione. Dei marginali, all’origine, dei provinciali, quando nell’appendice europea finivano coloro – i pochi – che per un qualche motivo non avevano posto nel corpaccione asiatico. Con l’agonismo contro il tempo, e col sistema logico, che privilegia il risparmio (affluenza), il progresso (moderno), il complesso. Mediante la forma espressiva del pep talk, l’autoconvicimento o autogratificazione: il giornalismo, la pubblicità, il voto, e l’esicasmo o giaculatoria, la ritualità come automatismo. Per questo la decadenza vi è rischiosa: spegne il motore.
Politica - È impolitica. Non c’è una scienza della politica, Hobbes meglio di Aristotele, Tolstòj di Machiavelli, ma un coagulo instabile e imponderabile di procedimenti e esiti. Ogni azione politica è una scommessa. Ogni evento è una storia a sé
Politicamente corretto - È violento. È linguaggio e prassi da sradicati – per neri fuori dell’Africa, donne in regime maschilista, comunque disadattati – più che da poveri o handicappati. E in quanto sono – si riconoscono per essere, lo vogliono anche – sradicati. Senza altri pezzi di personalità.
È una protezione, ma da poveri.
In quanto impoverimento obbligatorio degli altri è anche una violenza. Un’estensione indebita – illegale? – del controllo sociale.
Povertà – Non è rivoluzionaria. In nessuna evenienza.
Questo è il fondamento del riformismo: la rivoluzione è altra cosa che la giustizia sociale.
In nessun caso i poveri sono stati soggetto politico – eccetto che nella chiesa primitiva, che su di essi si è fondata. Il potere non si cura dei poveri, se non come pietra, randello, mezzo contundente.
Presente – Ma è l’unico modo di essere del tempo. Il passato è nel futuro, e così il futuro, è nel passato: non sono diversi modi di essere, ma delle visioni del tempo presente.
Protagonista – Ogni storia ne ha uno, che non muore fino alla fine della storia – o se morto deve in qualche modo rivivere (parla la lapide, parla il vicino, il familiare, l’amante, la storia). Le storie reali non hanno protagonisti assoluti, o raramente. Il protagonista è una finzione della narrazione.
Perché ci vuole un protagonista in ogni narrazione? Per specchiare l’io – il punto di vista – del narratore.
Scienza – Quella “naturale”, di come l’uomo vede la natura, fisica, biologica, matematica, che sembra reale, apre in realtà le porte al mistero: è propedeutica alla metafisica. Quella propriamente umana dissecca, in tutte le sue forme, sociologia, psicologia, psicoanalisi, e a suo modo perfino la storia: l’uso che se ne fa in società – e che distingue (fonda?) l’Occidente – è demolitore e non ricostituente, nella politica, nelle arti, e nei risvolti individuali.
Totalitarismo – Esclude e non include, per il semplice fatto che è il dominio della classe, del partito, della nomenklatura, del capo, in assetto piramidale. Lo Stato totalitario non è la comunità di popolo, l’affermazione di sé della nazione, e non è etico. Non lo è stato storicamente ma non poteva esserlo: è sempre un dominio personale. Anche dove il capo è scelto da un comitato centrale, un direttivo, un consiglio: la scelta è il riconoscimento di una struttura di potere già definita, un cappello che si mette sulla testa.
zeulig@gmail.com
domenica 5 ottobre 2008
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