Per Veltroni è una sfida, ma non a Berlusconi: vuole contare i suoi, dimostrare che è sempre il leader del Pd. È questo il significato della manifestazione romana, che viene confermata malgrado i tanti mal di pancia. La manifestazione raccoglierà certamente i milioni, la Rai e i giornali padronali sono mobilitati, e la scuolla offre un comodo approdo a una manfestazione che non lo aveva. Veltroni ha peraltro con sé, oltre ai media, gli ex stati maggiori diessini, da lui rinnovati, e in questa componente del Pd il concetto di manifestazione è sempre legato alla folla “oceanica”. Ma gli resta difficile impressionate tutti gli altri.
La mobilitazione a sinistra è fiacca. E all’interno del Pd tutte le varie fronde, di D’Alema, Marini, Parisi e Sircana (Prodi), stanno lavorando contro. Cioè non stanno lavorando affatto. Solo i dalemiani si mobilitano, ma con l’intento di essere sempre presenti, per potere eventualmente raccogliere le spoglie. I cattolici sono tiepidi: nessuna organizzazione di base si è mobilitata, e gli stessi leader sono perplessi sul patrocinio da continuare a dare a Veltroni. I grandi giornali fiancheggiatori sono tiepidi.
La manifestazione apre nei fatti il congresso del Pd. Per il quale Veltroni vuole una partenza a razzo. È un decisionista, non un uomo di compromessi, e non intende negoziare con le correnti e i capi corrente. Ma il rischio boomerang è elevato - anche per la mobilitazione oceanica in corso. Non da parte di D'Alema, che non ha commosso gli ex diessini con i sarcasmi del Berlusconi "faccio di tolla" e di Brunetta "energumeno tascabile". Ma per gli ex popolari questo Pd è, specie in Lombardia, in Emilia e nella Toscana, un'esperienza già fallita.
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