I banditi del Kossovo mettono le bombe all’ufficio dell’Unione europea, e ne incolpano gli agenti segreti della Germania. Che sono consulenti dei loro servizi segreti. Era inevitabile, ed è anche giusto che sia così. La Germania, che per la tradizionale politica antislava - la Germania di Kohl come quella di Schröder e ora di Merkel - ha fortissimamente voluto la dissoluzione della Jugoslavia e le più cruente guerre civili del pur cruento Novecento, incontra, come si suol dire, pane per i suoi denti. Un po’ preoccupata del regime mafioso messo al potere a Pristina nell’ultimo atto della guerra slavica, voleva limitarne le pretese di finanziamento illimitato senza garanzie di democrazia. E la mafia ha reagito.
Non sarà difficile alla Germania liberare i suoi agenti segreti. Ma la reazione di Pristina ricalca noti modelli mafiosi, di cui difficilmente la Germania potrà liberarsi. Questo Kossovo insubordinato e irrispettoso sembra la Sicilia dal 1982 al 1993, quando Riina assassinava Dalla Chiesa, Lima e i migliori giudici, e attaccava con le bombe mezza Italia, per “avvertire” e ricattare i suoi protettori. Meno cruento, certo, ma con la forza di uno Stato.
Per una volta è la Germania che si prende le mafie dell’Est, non più l’Italia, come già con l’Albania e la Romania. E uno non può non complimentarsi, per lo scampato pericolo, e per la Schadenfreude. Ma il quesito ritorna: è il comunismo sovietico che, dopo quarant’anni di dura legge ha lasciato le società allo stato barbaro, o è l’Europa che è incapace di far fronte alle mafie? Per debolezza, per corruttela?
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