In Alitalia, quello che ne resta, come in Telecom Italia, in banca, e nella stessa Fiat, non tremano le attività di servizio, quelle che impiegano i precari, ma le aree di produzione. A rischio non sono i venditori o i call center, i cinquecentomila di cui si parla, ma i lavoratori stabilizzati in azienda. Se la crisi dura e si aggrava una ristrutturazione s’imporrà radicale come quella di quindici anni fa per effetto della globalizzazione. Ma non si elideranno le attività di promozione e commerciali, che al contrario vanno intensificate.
Altri due motivi giocano a favore dei precari rispetto ai lavoratori stabili nella crisi: costano meno, e alla sommatoria offrono più professionalità. Se vanno addestrati alle procedure a alla mission dell’azienda, sono però di formazione più recente e aggiornata, e hanno più interesse alla crescita professionale propria, e quindi dell’azienda.
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