venerdì 21 novembre 2008

Si sgretola il Cominform uolteriano

Farsi intrappolare da Di Pietro. Da Epifani. Da Villari. Non da uno degli storici, no, da un senatore, o è deputato, napoletano che è la quintessenza del democristianesimo. Non volendo. Per volere, cioè, tutto, ma non sapendo che. Per voler essere tutto, senza essere niente. A parte naturalmente che essere antisocialista e contro ogni altra sinistra. È il dramma del Pd. Che non è unito. Ma è anche mal condotto. Ed è già vittima del linguaggio doppio. La solita storia da vent’anni in qua della sinistra. Che i residui sbandati dello stalinismo togliattiano hanno occupato e tengono in cattività.
Dirlo del sorridente Veltroni sembra un nonsenso. L’uomo vuol’essere diverso dal durissimo gestore della Rai e dell’informazione, quale è, e del Comune di Roma fino a maggio. E forse ha una doppia personalità. Ma la prima e preminente è quella di epigono della Terza Internazionale, che il Cominform ha perpetuato nel dopoguerra, ipocrisia e durezza. Non si spiegano altrimenti gli errori in serie che accumula da quando s’è impadronito del partito Democratico. Col tipico colpo di mano terzinternazionalista, l’uso a testuggine del proprio nucleo duro come in Spagna e nell’Est Europa, per battere ogni altra concorrenza a sinistra – la prova fu l’“affluenza di massa” alle primarie, inferiore allo stesse truppe cammellate. Manca solo il socialfascismo, per il resto quella violenza c’è tutta.
Ma Villari non si dimette, il senatore, e non per testardaggine: gli (ex) Dc cominciano a tendere le trappole. E molti compagni di strada drizzano le orecchie. Sir Uòlter continua a farsi osannare dalla sua propria propaganda nei grandi giornali, ma ovunque si vedono volti perplessi, perfino nella fedelissima Rai. Già il centauro Follini, mezzo Dc e mezzo giornalista Rai, fa le pulci al suo nuovo Capo, è tutto dire.

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