Nessun conservatore avrebbe potuto fare le scelte di governo che Barack Obama preannuncia, lui sì, e per più ragioni. La prima è che la sua elezione è stata una scelta estremista. La più estremista possibile, non solo in America: di un giovane, senza esperienza, di colore, e senza famiglia, si sarebbe detto nell’Ottocento, il figlio della nonna. Obama lo sa, e si mette solidamente al centro. Per scongiurare il suo assassinio. La stessa sua indicazione alle primarie si può dire conservatrice, alla gattopardo: meglio un nero che una donna, se rivoluzionare è proprio necessario. Un nero peraltro molto "bianco", o allineato sulla parte dominante dell'opinione pubblica: giovanilismo sì, ma attenzione alle banche, e alla guerra umanitaria, la dottrina della pax americana. La sua scelta non è tanto una scommessa, si sapeva cosa farà, quanto uno scongiuro.
Per la banche i giochi sono ormai fatti: sono state salvate, senza pagare pegno, e senza alcun vincolo. La parte militare è la più difficile. L’America uscirà dall’Irak a metà 2010, dice Obama. Ma non è detto: per ora ciò significa soltanto che l’America non uscirà dall’Irak. E c’è comunque l’Afghanistan sullo sfondo, una guerra perduta più che in Irak. Obama dovrà ridisegnare le forze armate Usa, ristrutturarle e anche riqualificarle. E ridare vigore alla politica estera, di cui la massima potenza mondiale si trova dopo l’11 settembre sprovvista.
Bush ha fatto le guerre in Afghanistan e in Irak perché erano i due soli paesi contro i quali i suoi stati maggiori avevano pronti dei piani di battaglia. Il risultato è negativo, per l’impreparazione, militare e morale, delle forze di terra, e per la singolare incapacità dei vari comandanti, militari e civili, che si sono succeduti prima del generale Petraeus.
Le guerre d’altra parte, che non sono d’aiuto contro il terrorismo (non quelle aeree), non sarebbero state necessarie. Se l’America avesse saputo mobilitare con l’11 settembre il mondo politicamente, come avrebbe potuto agevolmente. Il duello al sole non ha pagato, e Obama, che non è texano ed è cresciuto in Indonesia, ne può vedere il danno, oltre che il ridicolo. Da qui la scelta più contraddittoria, di caricarsi di Hillary Clinton, personaggio ingombrante, con quel suo marito putativo sempre tra i piedi. Ma è a una sfida che chiama la candidata sconfitta: ricucire la slabbrata coalizione dei volenterosi su obiettivi possibili, per una vittoria politica.
lunedì 1 dicembre 2008
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