Strano romanzo “politicamente scorretto” di un futuro premio Nobel. Assalti e stupri, con sospetto di Aids, impuniti e indifferenti nel Sudafrica libero dal razzismo, nel pieno della “grande campagna di redistribuzione”. “Il Sudafrica non è in questo libro”, è la linea che lo caratterizza nei liberi commenti online (il romanzo, di dieci anni fa, tradotto da Einaudi nel 2003 in tempo per il Nobel, è finito ai Remainders). Mentre purtroppo è l’Africa, l’italianofilo Coetzee, con tutta la prudenza del nobelando, non si priva di niente. La dittatura dell'età dei diritti, che il ladro, drogato, stupratore, piscopatico innocentizza se nero e minore. La dittaura del politicamente corretto come estensione della antropologia del tutto è cultura (politica), senza più la natura (la realtà, la storia, la tradizione). Il titolo originale è Disgrace, che è anche la parola della perdita, della cacciata dal paradiso. Per il politicamente corretto l'eroina si sacrifica all'abiezione.
Un “a parte” gustoso, benché con l’amarezza del Sudafrica come avrebbe potuto essere, è un’opera da camera su Byron e Teresa Guiccioli a Ravenna. Lui minato dalla mezza età, e dalla scontentezza, lei sempre appassionata benché derisa. Oppure già morto, ma vivo presso Teresa in età avanzata, a fronte delle memorie ciniche degli amici inglesi. “Mio Byron”, intona Teresa in italiano nell’aria che non viene scritta, ma nell’originale inglese sembra di sentirla, “che vuole dir questa solitudine immensa? Ed io, che sono?”. Non sono due storie, sono due mondi diversi le poetiche del romanticismo e la terra sporca col sangue infetto.
J. M. Coetzee, Vergogna, 1999.
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