Ha messo il sindacato a nudo, e ha aperto una falla che potrebbe travolgerlo per molti anni: il soggetto è il sindacato stesso. La sciocca mossa di Epifani, il leader della Cgil, e della Cisl dell’anti-Prodi Bonanni, a favore di sir Uolter ha scatenato la giusta ira di un’azienda che dal sindacato è stata ridotta in macerie. L’Alitalia è potenzialmente ricchissima, ma se deve mantenere la sede a Roma mentre opera da Milano, o se deve avere tre steward in volo invece di uno, non può che perdere un milione di euro al giorno. Questo Air France lo sa, e ora Spinetta scenderà a prendersene le macerie, invocato come un santo. Ma non finirà con l’ovvia cessione di Az a Af, compratore unico, e per molti aspetti anche benemerito.
Un sindacato che si è sempre disinteressato delle condizioni del lavoro, perfino della sicurezza. Che non sa fare i contratti del pubblico impiego quando al governo c’è il vecchio compromesso storico. Che si muove su Az solo quando Berlusconi interviene, per tamponarlo in qualche modo a favore di Veltroni. E non sa fare altro che immettere Fintecna, cioè il carrozzone politico vecchio stampo, nella proprietà di Az. È un sindacato che il vetero giornalismo che ci governa difende già con affanno, i padroni non hanno più argomenti in suo favore. È profezia doverosa che, dopo Az, non rappresenterà più nessuno. Nemmeno più i pensionati, che da un quindicennio erano diventati il suo pilastro, ma ai quali non riesce a dare più nemmeno il carovita. Gli restano i pensionabili, coloro che vogliono andare in pensione a 57 o 58 anni, ma sono sempre meno. Sotto i trent’anni non ci sono più iscritti al sindacato, solo pochi operai, alcune diecine di migliaia in tutto.
venerdì 4 aprile 2008
mercoledì 2 aprile 2008
Radio Tirana risorge a "Report"
Ottimo giornalismo televisivo, d’immagini, personaggi, ambienti, a “Report” di domenica su Rai Tre. Anche l’argomento era appassionante: dove sono finiti i soldi della 488, la legge che per un quindicennio ha favorito gli investimenti al Sud. Parlavano corrotti e moralisti, a riprova che al Sud non c’è omertà, ma semmai il contrario, troppe parole al vento. Si vedevano fabbriche mai entrate in funzione. Fisionomie marcate segnavano le immagini come in una commedia dell’arte, tanto più per essere reali e non inventate. Sembrava il giornalismo di “Samarcanda”, così raro nelle nostre tv. Perfino una semplice manifestazione elettorale in Sicilia, con Cuffaro e Mannino protagonisti, di quelle che si fanno ogni giorno a diecine, sembrava cinema del miglior Kusturica. Il tutto imbalsamato nell’ortodossia picista, che si dice togliattiana ma è puro sovietismo. Declamato nel tono stentoreo di radio Tirana, di cui la produttrice e speakerina del programma è figurazione attendibile. Puro cinema di Ejzenštejn. Non fosse stato per la povera piaggeria che caratterizza la rete.
Tutto è stato messo in conto alla Calabria, e al trapanese: l’incapacità, lo spreco, la cottuttela. Senza specificare che sono due aree limitate rispetto alla proiezione della 488. Senza specificare che gli sprechi sono una quota di nemmeno il 5 per cento delle risorse della 488. Senza mai riconoscere il coraggio civico degli interlocutori. Accuratamente tenendo fuori amministratori e imprenditori compagni. L’eccellente informatore di Trapani è nettissimo sulle responsabilità politiche, ma “Report” solo indaga su Cuffaro, che non c’entra. Con pistolotto finale della fiera conduttrice, e voce finalmente cantante, in omaggio all’eccellente ministro Bersani, che tanta ignominia ha cancellato – ha cancellato la 488, niente sussidi al Sud. Settanta, ottanta, anni dopo Stalin tutto ciò è sembrato povero, anzi indigente. Ma a distanza di qualche giorno anche il quadro si riscatta: questa Rai Tre, giù mummificata, sarà un’eccellente riserva di fonti per la storia.
Tutto è stato messo in conto alla Calabria, e al trapanese: l’incapacità, lo spreco, la cottuttela. Senza specificare che sono due aree limitate rispetto alla proiezione della 488. Senza specificare che gli sprechi sono una quota di nemmeno il 5 per cento delle risorse della 488. Senza mai riconoscere il coraggio civico degli interlocutori. Accuratamente tenendo fuori amministratori e imprenditori compagni. L’eccellente informatore di Trapani è nettissimo sulle responsabilità politiche, ma “Report” solo indaga su Cuffaro, che non c’entra. Con pistolotto finale della fiera conduttrice, e voce finalmente cantante, in omaggio all’eccellente ministro Bersani, che tanta ignominia ha cancellato – ha cancellato la 488, niente sussidi al Sud. Settanta, ottanta, anni dopo Stalin tutto ciò è sembrato povero, anzi indigente. Ma a distanza di qualche giorno anche il quadro si riscatta: questa Rai Tre, giù mummificata, sarà un’eccellente riserva di fonti per la storia.
Az tra corruzione e speculazione
Quando bisognerà spiegare l’Italia di fine millennio, lo storico del futuro avrà in Alitalia l’exemplum e la prova. Il candidato dell’opposizione in queste elezioni aveva nella gestione di Alitalia un siluro perfetto contro il governo, il cui capo è all’origine di tutte le disavventure della compagnia: l’aumento di capitale irrisorio del 1996, il siluramento del buon manager Cempella per sostituirlo con l’incompetente Mengozzi, e poi, attraverso l’opposizione, col suo altro poulain Cimoli, la vendita con una finta asta che ha allontanato ogni compratore, eccetto quello predestinato, Air France. E invece il capo dell’opposizione che fa? Propone una cordata d’acquisto che non c’è. Una cordata che, coi soldi che dovrebbe mettere, si sarebbe potuta comprare tutta Air France, spiega Giovanni Colonna sul “Manifesto” (“con 1,6 miliardi di euro di capitale di rischio si può ottenere un prestito da qualsiasi banca nel mondo e, oggi, una somma del genere, 2,6 miliardi, è sufficiente a comprare sul mercato la maggioranza delle azioni Air France…”). Nelle more, il capo dell’opposizione scatena una piccola speculazione al rialzo – piccola per modo di dire, sono stati messi da parte in due giorni un centinaio di milioni.
Bene, si dirà: quell’uomo è un affarista, e non poteva fare che questo. Ma la Consob e la magistratura, che sono pagate per vigilare contro la speculazione, che è un reato, non si sono mosse. E il capo dell’opposizione, che è anche un furbo, non avrà pensato di poter meglio vincere le elezioni non attaccando il capo del governo? Per assurdo che sia, spera di vincere le elezioni col sostegno, certo surrettizio, di quet’uomo, che pure sostiene il partito avverso, e anzi in certo modo ne è il capo. Perché anche il capo del governo dimissionario vuole avere un futuro, quale capo dello Stato.
Meno contorta, anzi ordinaria amministrazione, ma non meno singolare, la vicenda della cordata "nazionale" messa su da Intesa. Dall'amministratore delegato della prima banca, Passera. Mentreil presidente Salza non solo si tira fuori: "Inutile tirarci per la giacchetta, peggio, contare sl nostro slenzio-assenso". Ma è del netto parere che non si può fare una cordata per salvare Malpensa: "Sono convinto che l'Italia possa avere un solo hub, e questo è Fiumicino".
La corruzione non manca. Ma, in tanta incompetenza, è marginale. C’è il Mengozzi che diventa consulente del compratore unico Air France, lo stesso che è amico del capo del governo ed era amministratore di Alitalia. C’è il ministro delegato alla vendita che s’intrattiene in colloqui riservati col compratore unico Air France. C’è il capo della Cisl Bonanni, amico del capo del governo, che lo accusa nientemeno che di interesse privato nella vendita.
Poi c’è Milano. Malpensa è l’opera pubblica più costosa e inutile dell’Italia, trent’anni di denaro pubblico versato nel pozzo, ma Milano vuole che sia un grande aeroporto, uno dei più grandi d’Europa. Non per il conforto dei milanesi, che scappano a prendere l’aereo ovunque eccetto che a Malpensa, ma perché Milano è Milano. Con corteo di banchieri, opinionisti, grandi giornali, e con un supporto elettorale sempre consistente dei milanesi stessi – il leghismo è uno stato d’animo, come il razzismo. Inutile rimproverare ai condottieri di Malpensa, alla Regione, alle provincie di Milano e di Varese, ai sindaci delle due città, che in dodici ani non hanno saputo nemmeno fare un'autostrada e una linea ferroviaria diretta con Malpensa. Farci arrivare il gas è stata opera titanica: i comuni attraversati hanno imposto ogni sorta di taglia.
E poi c'è il sindacato. Che scopre Alitalia dopo che l'ha scoperta Berlusconi. Se ne occupa solo per bilanciare Berlusconi, facendo qualcosa per il partito Democratico. E propone la proprietà di Fintecna, l'ultimo carrozzone politico rimasto. Non sembra vero, ma lo è.
Bene, si dirà: quell’uomo è un affarista, e non poteva fare che questo. Ma la Consob e la magistratura, che sono pagate per vigilare contro la speculazione, che è un reato, non si sono mosse. E il capo dell’opposizione, che è anche un furbo, non avrà pensato di poter meglio vincere le elezioni non attaccando il capo del governo? Per assurdo che sia, spera di vincere le elezioni col sostegno, certo surrettizio, di quet’uomo, che pure sostiene il partito avverso, e anzi in certo modo ne è il capo. Perché anche il capo del governo dimissionario vuole avere un futuro, quale capo dello Stato.
Meno contorta, anzi ordinaria amministrazione, ma non meno singolare, la vicenda della cordata "nazionale" messa su da Intesa. Dall'amministratore delegato della prima banca, Passera. Mentreil presidente Salza non solo si tira fuori: "Inutile tirarci per la giacchetta, peggio, contare sl nostro slenzio-assenso". Ma è del netto parere che non si può fare una cordata per salvare Malpensa: "Sono convinto che l'Italia possa avere un solo hub, e questo è Fiumicino".
La corruzione non manca. Ma, in tanta incompetenza, è marginale. C’è il Mengozzi che diventa consulente del compratore unico Air France, lo stesso che è amico del capo del governo ed era amministratore di Alitalia. C’è il ministro delegato alla vendita che s’intrattiene in colloqui riservati col compratore unico Air France. C’è il capo della Cisl Bonanni, amico del capo del governo, che lo accusa nientemeno che di interesse privato nella vendita.
Poi c’è Milano. Malpensa è l’opera pubblica più costosa e inutile dell’Italia, trent’anni di denaro pubblico versato nel pozzo, ma Milano vuole che sia un grande aeroporto, uno dei più grandi d’Europa. Non per il conforto dei milanesi, che scappano a prendere l’aereo ovunque eccetto che a Malpensa, ma perché Milano è Milano. Con corteo di banchieri, opinionisti, grandi giornali, e con un supporto elettorale sempre consistente dei milanesi stessi – il leghismo è uno stato d’animo, come il razzismo. Inutile rimproverare ai condottieri di Malpensa, alla Regione, alle provincie di Milano e di Varese, ai sindaci delle due città, che in dodici ani non hanno saputo nemmeno fare un'autostrada e una linea ferroviaria diretta con Malpensa. Farci arrivare il gas è stata opera titanica: i comuni attraversati hanno imposto ogni sorta di taglia.
E poi c'è il sindacato. Che scopre Alitalia dopo che l'ha scoperta Berlusconi. Se ne occupa solo per bilanciare Berlusconi, facendo qualcosa per il partito Democratico. E propone la proprietà di Fintecna, l'ultimo carrozzone politico rimasto. Non sembra vero, ma lo è.
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