Non si fa, eccezionalmente, dietrologia dietro la cessione di Kakà. E questo può piacere al lettore. Ma purtroppo non se ne fa per la sudditanza estrema dei giornalisti sportivi ai potenti – quando infieriscono su Moggi è perché Moggi è brutto e malvestito, non sa neanche parlare, e conta meno di un ufficiale dei carabinieri. La chiave è l’ossequio, la prosternazione, l’adorazione, all’idea della squadra tutte stelle. Perché è l’idea di squadra dei potenti.
Non a una squadra, questa o quella, tutte stelle, che abbia deliziato i tifosi, i nostri cronisti sono prosternati. Questa squadra non c’è. Ma all’idea dell’opulenza, che più soldi si mettono e più il calcio è bello, dei palloni sgonfiati del Chelsea e Real Madrid. E di nessun altro, perché questa idea di calcio opulento ha avuto due soli applicazioni, il Chelsea del boiardo russo Abramovich, ricco delle miniere di Stato, e il Real Madrid degli inverosimili immobiliaristi spagnoli – in qualsiasi altro ordinamento, anche in Botswana, solo po’ meno spaccone cioè, sarebbero tutti in galera. O meglio ne ha avuti quattro, poiché l’Inter dei Moratti ha questa ambizione, l’accozzaglia più assurda da una diecina d’anni di superingaggi, e indigesta, e l’ultimo Milan, Milano non può essere di meno, in spacconeria, a nessuno.
Queste squadre non vincono, e non divertono. Neppure i miliardari. Se i miliardari le costruiscono è per le loro strategie finanziarie e fiscali, perché li fanno in qualche modo guadagnare. Che c’entra il calcio? Può fare piacere che ci siano dei soldi nello sport, ma che c’entrano con l’atletismo, la classe, il brio? Nel calcio poi, che è sport di squadra – il cui bello è essere gioco di squadra. Il calcio i soldi lo hanno soffocato più che promosso, e si vede in Inghilterra, Spagna e Italia. Al confronto con il cacio africano, o sudamericano, o francese, olandese, così pieni di talenti sempre nuovi.
I risultati del calcio ricco sono debiti e strafottenza. Non c’è nemmeno la soddisfazione dei soldi, non per i calciatori che ne sarebbero protagonisti: di fronte al capriccio di boiardi e petrolieri si vedono ovunque giocatori ingrigiti e spenti, troppi anche finiti male, Vieri, Ronaldo, Adriano. Squadre che “vincono” quando gli altri sono fuori gara. O, in Italia, con i De Marco e i Rosetti. L’allenatore “vincente” dell’Inter, Mancini, non lo cerca nessuno. Di una Inter che ha distrutto, letteralmente, un ottima buona nazionale, per nessun motivo se non la instabilità del padrone: Toldo, Pasquale, Grosso, Cannavaro, Materazzi, Pirlo, Cristiano Zanetti, Morfeo, Semioli, Vieri, Corradi, allenatore Lippi.
lunedì 19 gennaio 2009
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