L’esempio è quello di Trento, un candidato ex popolare che in piena autonomia negozia e obbliga il voto democratico e casiniano. D’Alfonso prima, e ora Russo Iervolino, marciano spediti verso una resa dei conti all’interno del Pd. Il sindaco di Napoli, azzerando la giunta in polemica con Veltroni, l’ha anche detto: “Dietro al pretesto del rinnovamento qui si sta consumando in realtà un regolamento di conti interno al partito (Democratico)”. Il rifiuto di Veltroni e la rivolta sono anche dietro il silenzio dell’ex sindaco di Pescara e i mugugni di Marini.
I leader della frazione popolare del partito Democratico devono peraltro tenere conto della critica aperta di molti dirigenti e amministratori locali. Tra i quali cresce, seppure per spirito polemico, la proposta di un’alleanza alternativa con l’Udc di Casini. Per molti aspetti questa è ancora la fase costituente – la vera fase costituente – del partito Democratico, in vista del suo rinnovamento nella lunga marcia attraverso l’opposizione. Quindi una serie di prese di posizione interne in vista del rinnovo del vertici. Ma le tensioni dissolutrici sono anch’esse forti.
Il riferimento a Casini è una sorta di “indice della disperazione”. Non una scelta, poiché il leader dell’Udc e il mondo dei popolari sono molto lontani. Ma un modo come un altro per “fare qualcosa”. Per riacquistare autonomia, e anche per difendersi. Per molti popolari la questione morale di Veltroni è solo espediente a indebolire ulteriormente le componenti dello schieramento non diessine.
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