La crisi e il regime
La Fiat è infine scesa a Roma, Marchionne ha rotto il folle stallo, dove però Berlusconi non si è fatto trovare. Marchionne era peraltro accompagnato da Montezemolo, che è quanto di più indigesto si può presentare a Berlusconi. La commedia degli equivoci, tra i forti “antiberlusconiani di centro” di Torino, degli Elkann con Montezemolo, e il governo si perpetua. Mentre nessuno compra macchine in attesa che il governo vari gli incentivi. L’auto perderà non si sa se sessantamila o trecentomila posti di lavoro. E comunque ha già affossato la produzione industriale e tutti gli indici. Sembra di sognare.
Viene dal capo il rinvio del pacchetto anticrisi per l’auto. Che si farà in ritardo sugli altri paesi europei, e dopo che le vendite di gennaio si saranno dimezzate rispetto a quelle, già non alte, di un anno fa, e anche febbraio sarà stato compromesso. Con cifre peraltro irrisorie, da social card, quando la Germania di Angela Merkel ha stanziato già un mese fa 1,5 miliardi per i soli acquisti di auto nuove - nel quadro di un pacchetto di stimolo di cinquanta miliardi. Tanta tempestività per le banche, e per la contrattualità, intervento l’uno sostanzioso l’altro complesso, e completo attendismo invece per misure di poco costo per lo Stato e sperimentate da dodici anni: non c’è un ordine, ma Tremonti e Scajola sanno che Berlusconi vuole ridurre tutti i margini di redditività che la Fiat si era conquistati per una volta sul mercato. Il gruppo italiano è ora solo un terzo, meno di un terzo, del mercato dell’auto, dalla componentistica all’assistenza, ma il difficile rapporto Fiat-Berlusconi ha fatto a farà perdere ancora tempo prezioso.
Berlusconi si è scelto distintamente un ruolo politico, e non parla di affari, non in pubblico. Anche della crisi si limita a sottolineare gli aspetti politici, di fiducia, ma sa tutto e decide per tutti. Nella crisi sa naturalmente che non può non intervenire. Parla di giustizia, di federalismo, di Rai, di intercettazioni, ma pensa e opera sui fatti della crisi, ora in particolare su quelli della meccanica. Un’altra Alitalia, moltiplicata per dieci o cento, non va con la sua natura piaciona, oltre che con i voti. Ma si prende la sua piccola vendetta, al coperto della Lega, che "assolutamente" non vuole aiuti a Torino. Non ha ricevuto Marchionne. Alla riunione per gli aiuti all’auto mercoledì ha fatto convocare cani e porci eccetto la Fiat. E l’ha fatta chiudere con un rinvio. Finirà tardi e male, per nessun altro motivo che la politica. Non un orientamento politico diverso dall’altro, ma una ripicca, di gruppi e persone per il potere. In questo il regime c’è, eccome.
giovedì 29 gennaio 2009
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