La Calabria è un eden, se solo si lavorasse con ingegno e applicazione. Ripubblicato come curiosità locale, questa “Nota storica sulla Calabria” acquisisce, grazie a una superba introduzione di Saverio Napolitano, diritto di attualità per questa semplice verità, seppure all’apparenza semplicistica: non c’è nessun motivo, non c’era allora, benché l’autore vi fosse in guerra coi briganti, perché la Calabria restasse due secoli dopo la regione più povera, e per molti aspetti più arretrata, dell’Europa occidentale.
De Rivarol, nipote del pamphlettista, partecipò alla guerra del 1809 contro gli inglesi e i loro alleati calabresi, “massisti” e briganti, e ne scrisse a caldo, nel 1817. “La Calabria, un tempo patria delle arti, dove i sapienti della Grecia avevano le loro scuole e che era abitata dal popolo più colto d’Europa, è oggi l’asilo dell’ignoranza e della superstizione”: figlio cadetto di un maresciallo, il venticinquenne ufficialetto era un uomo colto nell’accozzaglia napoleonica, portato quindi a focalizzare certi aspetti nella storia di un popolo. Ma senza retorica, come Napolitano sottolinea, e anzi con tratto quasi scientista. Nelle poche pagine della sua “Nota” presenta un quadro ancora vivo, c’è una sottile dotazione di psicologia sociale in questo militare di second’ordine. Non era del resto l’unico, l’occhio coevo del più famoso Courier testimonia la felice impronta dell’illuminismo sulla cultura francese del primo Ottocento.
Napolitano mette a fuoco l’assenza di pregiudizio, pur nel quadro del “pittoresco-brigantesco” di genere, tra i militari e gli storici del Decennio franco-murattiano. La “Nota” è parte della larga pubblicistica sulle guerre napoleoniche, sia di parte francese che inglese – sono straniere le fonti sulla Calabria del secondo Settecento e del primo Ottocento. Tutta virata sul pittoresco. Ma mai “meridionalistica” – prevenuta, ostile, sanzionatrice. De Rivarol rileva dei calabresi l’indolenza, insieme con la tenacia, quasi un contemporaneo della disillusione in corso. Dotati di spiritualità e capacità dialettica, e ciò per il clima caldo e l’aria ossigenata delle montagne, i calabresi diventano sottili e diffidenti come per natura, sintetizza Napoletano, e quindi finiscono adulatori e falsi.
La “Nota” si legge anche per i particolari. Ci sono i Bruzi, gli schiavi lucani ribelli di Strabone, nomadi, bilingui (greco e osco), sostenitori di Annibale. E le origini dei normanni. C’è Seminara, dove il D’Aubigny vince nel 1495, ed è sconfitto nel 1503 - Seminara, che pii riceverà Carlo V, è la prova fisica della decomposizione moderna e contemporanea della regione. C’è la Repubblica Partenopea, “la Repubblica paradossale che si chiamò Partenopea, spregevole parodia della nostra anarchia”. Ci sono le donne dei briganti, più terribili dei mariti. Manca la carta dettagliata di cui si parla, disegnata dallo Zannoni, che sarebbe stata utile.
Auguste de Rivarol, Nota storica sulla Calabria, Rubbettino, pp.96, €7,90
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