lunedì 19 gennaio 2009

L'ambasciatore e l'affare Kakà

L’affare Kakà non è isolato. C’è di più che una semplice transazione calcistica, nell’offerta dello sceicco Mansur Al Nahyan. C’è un quadro diplomatico attorno alla cessione del fuoriclasse, e una ragnatela di affari ben più consistenti in attesa di consolidarsi. Di cui i segnali sono molti e univoci. La decisione di Berluconi di privarsi di Kakà, a pochi mesi dal rifiuto deciso opposto ad Abramovich (dopo avergli imposto un Ferragosto sardo col cantante Apicella…), che anche lui non si poneva limiti di spesa. La lunga vacanza del Milan a Dubai. La visita improvvisa e senza scopo di Fini domenica nell’emirato. L’intesa attività di Franco Dionisi, che è stato per due anni ambasciatore a Abu Dhabi. Che è probabilmente il perno della rete.
Nella logica negoziale degli emiri degli ex Trucial States, Kakà appare d’altronde il pegno che la parte araba paga per avere in cambio un vero buon affare. In questa logica le parti insomma si rovesciano: non è Berlusconi che si ingrazia Mansur Al Nahyan, vendendogli Kakà, ma l’inverso. Gli arabi del Golfo praticano nel negozio la logica onesta del baratto: ci dev’essere un utile per entrambe le parti. Inoltre, non avendo forza contrattuale militare né politica, praticano soprattutto la lealtà. Con rispetto per i paesi europei ai quali si sono legati, e per l’Italia non meno che per la Germania o la Gran Bretagna. Non si fanno sgarbi, ma accordi condivisi.
Tutto questo si sa e si dice alla Farnesina. Cosa abbia in mente Mansur invece non si sa, o non si dice. Ma gli emirologi hanno pochi dubbi: vuole poter entrare in buone industrie. Con la piccola quota della Ferrari ci ha preso gusto: il 5 per cento della casa automobilistica gli ha infatti propiziato dalla Fifa un inedito Gran Premio degli Emirati, che ripaga in abbondanza l’investimento. Per altre iniziative l’Eni è citazione d’obbligo, ma forse Saipem è più interessante. E l’elettronica, si dice anche, sebbene sia un settore delicato, confinando con la difesa e gli armamenti: Finmeccanica e Galileo.
Dionisi è un diplomatico particolare. Attivo in politica, molto attivo nella Figc, la federazione gioco calcio, l’Ufficio Indagini e alla Commissione per la riforma, specialista del Medio Oriente, dopo essere stato a lungo a Beirut, e della diplomazia degli affari, il poco più che quarantenne ambasciatore è stato a Palazzo Ghigi col precedente governo Berlusconi, coordinatore del G8 di Genova. Legato a Berlusconi e poi a Fini, vice-presidente del consiglio e ministro degli Esteri. Da giovane è stato consulente dell’editore del gruppo AdnKronos, Pippo Marra, della cui amicizia si fregia nel curriculum ufficiale. La partita di Kakà non è isolata, questo è certo.

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