lunedì 12 gennaio 2009

Non sapremo la verità delle bombe

“Chi sa parli, finché è ancora in vita”. Macabro, ma è un invito solo necessario, questo di un assessore di Alemanno. Rivolto a chi sa la verità delle bombe e ha impedito in tutti i processi che la verità venisse a galla. A Milano e a Roma, sui treni, a piazza Fontana, a piazza della Loggia. Alcune migliaia, con moltissime vittime, anche a voler attribuire l’abbattimento del Dc 9 a Ustica a un errore dei servizi francesi, e la stazione di Bologna a un errore dei palestinesi.
Di Piazza Fontana, che ha innescato il terrorismo brigatista, questo è l’anno del quarantennale, e come dice l’assessore non c’è più molto tempo per chi sa di dire la verità. Un libro del 1970, “La strage di Stato”, fatto scrivere da uno dei vari servizi segreti a un giornalista di sinistra, dimostrava che le bombe e molti “incidenti” erano manovrati dall’alto. Oggi si tende a non crederlo, accreditando il libro alla provocazione. Ma quella è l’opinione di Cossiga e Andreotti, protagonisti dell’epoca, anche se dicono di non sapere - e la stessa provocazione, se ci fu, dove si mette?
Cossiga fa il pazzo, ma in una brillante intervista al “Corriere della sera” domenica sa essere saggio. Alla domanda: “Al tempo delle stragi, né lei né Andreotti sapevate qualcosa?” risponde: “Io no. Forse qualcuno più su di me sì. Ma non Andreotti”. E aggiunge: “Il massimo esperto di servizi nella Dc era Moro”. L’ex presidente minimizza: “Comunque, ogni strage ha un segno diverso, e quasi tutte avvennero per errore”. Ma anche solo mettere migliaia di bombe nella banche, le piazze e i treni non è robetta. Mentre è stato costante per oltre trent’anni il depistamento di ogni indagine. Non questa o quella, tutte. In ogni grado di giudizio. Con avvocati, e forse anche giudici, legati ai servizi. Comunque, l'ex presidente della Repubblica Cossiga dice di sapere, anche se non tutto.
Andreotti, che Cossiga vorrebbe fuori dai segreti, anche lui dichiara di sapere. Dicendo che non parlerà mai, che si porterà in paradiso alcuni segreti. È perfino ovvio. Andreotti sapeva del Piano Solo nel 1968, quando scoppiò lo scandalo Sifar: era ministro della Difesa. Alle elezioni dello stesso anno il partito Socialista lo accusò di avere diffuso informative dei servizi segreti che ne discreditavano alcuni influenti esponenti. Nel 1974 Andreotti era ancora ministro della Difesa, quando montò un durissimo attacco contro i servizi segreti di Moro, con l’arresto del generale Miceli. Il 3 agosto 1979, lasciando le consegne al suo successore a Palazzo Chigi, lo stesso Cossiga, gli preannunciava lo scandalo Eni-Petromin che sarebbe scoppiato quattro mesi dopo.
Moro aveva rifatto i servizi segreti dopo il Piano Solo, con uomini di sua fiducia, l’ammiraglio Henke, il generale Miceli, e li controllò per una diecina d’anni. Dopo l’arresto di Miceli, li controllò indirettamente, collocando alla Difesa il politico non politico Gui, che forse pagherà per questo con varie informative malevole e l’incriminazione per le tangenti Lockheed. Nel 1968 Moro fu giudicato severamente da Scalfari per la copertura del Piano Solo.
Moro è uno “più su” di Cossiga. Gli altri “più su” possibili non ci sono più: i presidenti della Repubblica Saragat e Leone, e il presidente del consiglio Rumor. Ma c’è ancora Colombo, che con Moro e Rumor condivise in quegli anni la guida del governo. E ci sono gli ex ministri dell’Interno Rognoni e Scalfaro, onesti broker della Repubblica. Volendo, insomma, si potrebbe sapere.
Ma Rognoni ha già detto tutto, cioè niente, vent’anni fa nel libro “Intervista sul terrorismo”. È ovvio quindi scommettere che non ci sarà la verità sulle bombe e il terrorismo dal 1969 in poi. Meglio: c’è stato un regolamento di conti, anche feroce, tra chi sapeva, ma non per la verità. Anche ai superstiti la verità non dice nulla, da Andreotti e Cossiga giù fino agli uomini di mano, i Bertoli, Concutelli, Tuti, gli esecutori presi all’opera. Prevale la vulgata del colonnello Buonaventura, che il terrorismo fu colpa di Sofri, accettata peraltro dallo stesso Sofri, e non c’è ragione per uno sciogliete le fila di chi sa - ha deciso o copre.

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