Il neo presidente Obama ha forse ripreso il senso della realtà nei confronti della Russia. Se non altro per il motivo che chi ha interessi in Centro Asia ha solo una strada per avere successo, passare da Mosca. Lo sa l’Eni, che su questo si batte da anni con i soci americani, per poter sfruttare l’enorme giacimento di petrolio scoperto a Kashagan nel Kazakistan. I due gruppi americani, Exxon e Conoco-Phillips, sono stati a lungo gruppi bizzarramente ancorati a preclusioni ideologiche e ciechi alla geopolitica. Lo sa Israele, che si dovrà confrontare con la bomba iraniana, se Mosca non nega il grilletto. Lo sa da tempo l’amministrazione americana, con i suoi alleati che, sotto la bandiera dell’Onu, stanno combattendo nei loro fortini la guerra perduta in Afghanistan. Con la loro inettitudine travolgendo le forze vive dell’Afghanistan liberato dai talebani sanguinari. Tra essi l’Italia. Che però ha sempre detto, a differenza degli Stati Uniti e degli altri alleati europei, che la guerra non si poteva combattere senza un corridoio di rifornimenti russo.
Non ci sono solo le regole d’ingaggio “protettive” a impedire alle forze Onu il mantenimento della legalità in Afghanistan, tenendole chiuse nelle loro basi. Qualsiasi risposta ai talebani è pregiudicata dal fatto che i rifornimenti arrivano col contagocce. E anzi un calcolo è stato fatto che tra Peshawar, in Pakistan, e Kabul si perdono in pochi chilometri la metà dei rifornimenti. Si perdono, cioè, appropriati dai talebani e dai qaedisti. In questo soprattutto la presidenza Bush sarà stata colpevole, che avrebbe potuto chiudere le guerre in Iraq e in Afghanistan con un successo, e fugato quindi ogni critica, anche umanitaria - nulla è più giusto della vittoria: non avere voluto la collaborazione della Russia nella crociata, o difesa che sia, contro il terrorismo islamico.
mercoledì 28 gennaio 2009
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