L’imprenditore Romeo, in carcere a Napoli per corruzione, afferma che a Milano, dove aveva vinto un appalto, non vollero darglielo perché era destinato alla Edilnord, impresa milanese. “Questo camorrista amico di Bassolino non può venire a Milano”, si sarebbero detti in giunta il sindaco Albertini e gli assessori. Invalidarono il bando e suddivisero l’appalto in tre tronconi, afferma ancora Romeo: “Io me ne aggiudico uno, Edilnord un altro, e Pirelli il terzo”.
Può darsi che Romeo dica il falso, ma nessuna inchiesta si apre a Milano per accertarlo.
Reggio Calabria è nei posti alti della classifica del “Sole 24 Ore” sulla qualità della vita per quanto concerne le infrastrutture e la sicurezza. Ma la percezione che ne hanno i reggini è catastrofica: Reggio è ultima fra le 107 province per le infrastrutture, e quartultima per la sicurezza. Effetto dell’immagine riflessa dai media? Anche perché la soddisfazione di chi ci abita è elevata: Reggio viene nella seconda decina dell’indice di felicità, o della soddisfazione individuale, con Firenze, Siena, Padova, Trieste.
C’è stato a lungo, fino a recente, un uso incongruo, vagamente spregiativo, dell’aggettivo meridionale. Goffredo Parise nel “Prete bello”, 1954, ha un personaggio napoletano, del quale si compiace a mettere in rilievo il “colore meridionale”, il “sangue meridionale”, e più di tutto “uno strano miscuglio di sentori umani” che sarebbe il meridione: “Alla base di questo miscuglio stava il meridione: un odore di laggiù, composito di aromi delle trattorie, dell’eccitante lezzo dei «bassi», di case e alberghi, fino alle abitazioni di ricchi e baroni, e di pisciatoi pubblici”. Ha anche un “sangue meridionale”, che alle ragazze dà vizi segreti “fin dalla tenera età”, i “sogni da napoletano”, “l’odore del letto napoletano, dolciastro”, una “fantasia meridionale”, uno “sguardo meridionale”. “Il prete bello” è scritto bene, fluisce esatto, è un dono che Parise ebbe ventenne e non ripeté, se non a tratti. Questa è l’unica sbavatura. Il narratore sa di Milano, dell’Italia, della guerra di Spagna, del fascismo, ma del meridione ha sentore vago.
Anche Alvaro, negli anni della riscoperta delle origini, usa un incerto “meridionale”. Nei racconti di “L’amata alla finestra” molte cose sono “meridionali”: la sera, il volto, il silenzio, i santi “piccoli come meridionali”, l’“aria secca del paese meridionale”, perfino un “una sofferenza di razza” in un ragazzo, per le rughe emergenti tra le narici e la bocca. E “malessere della sera meridionale, così tarda a finire”. Al Sud la sera finisce prima - in estate, ma è in estate che la sera “non finisce”.
L’odio-di-sé meridionale
Non muore la storia dello sbarco alleato che si fa in Sicilia con e per la mafia. “Non esiste”, si direbbe a Roma, ma in Sicilia sì. “Tutti, in Sicilia, (lo) sapevano”, scrive Gaetano Savatteri da ultimo in “La volata di Calò”. Protestando di non crederci, certo. “Tutti conoscevano questa storia. Se ne parlava nelle piazze, magari sottovoce. Tutti erano sicuri che fosse andata così, e ancora molti lo sono”.
Savatteri, che è nato nel 1964, lo saprà per scienza infusa – da suo papà, certo, da suo nonno, che in Sicilia sono tutto. E magari non ci crederà, ma l’aneddoto gli piace. Ha scritto “La volata di Calò” per celebrare una famiglia di industriali isolani, i nipoti di Calogero (“Calò”) Montante, che sono al fronte contro la mafia. Ma della mafia gli piace dare questa immagine di onnipotenza. Anche perché il libro, che Sellerio pubblica in bella edizione con molte fotografie, si legge unicamente per questo aneddoto – contro gli americani che hanno imposto la mafia, e contro Mattei che ha imposto le cattedrali nel deserto, mentre i siciliani si battono come si sa contro la mafia e per il mercato. Dopo il racconto di Camilleri “Una corsa verso la libertà”, che rappresenta gli alleati come truppe di occupazione.
Piero Chiara così apre il racconto “Una cattiva scelta”: “La caduta del Regno delle Due Sicilie portò alla rovina molte famiglie nobili del meridione e soprattutto gran numero di famiglie borghesi, che erano fiorite all’ombra della corte borbonica. Accadde così che gentiluomini e borghesi di ottima educazione e di elevato tenor di vita, ridotti a povera sorte, aspirarono a modesti impieghi, di preferenza nella pubblica amministrazione, unica immagine in terra della quiete eterna.
“Nobili impoveriti e figli di buona famiglia accedettero alle gabelle, alla giustizia, all’esercito, alle finanze, all’istruzione ai lavori pubblici, dilagando in buona parte nell’Italia settentrionale”.
“Wiscardo submittitur Calabria” è già nell’arazzo del castello di Pirou in Normandia, nel sec. XI.
Ma la Calabria rischiò di essere stato indipendente anche dopo i normanni. Antonio Centelles, barone di origine iberica feudatario pro tempore nel 1444, ne accarezzò il sogno, che nel 1465 Ferrante re di Napoli nel sangue sconfisse.
Non c’era strada da Napoli a Reggio Calabria fino ai primi dell’Ottocento. La ragione del sottosviluppo è tutta qui, nell’isolamento.
Ottomila dipendenti delle Ferrovie sui 90 mila totali erano nel 2006 in Sicilia. Presumibilmente in vacanza, poiché nell’isola non ci sono treni: le linee sono a binario unico, i treni pochi e con poche carrozze, e nessuno li prende.
Paolo Borsellino era uomo di destra - per questo fu insolentito da Sciascia, che poi si scusò. Agnese Borsellino, la vedova, che si è astenuta in questi quindici anni dall’occupare i giornali nel nome del marito, fa un apprezzamento a Sgarbi, che ha rivitalizzato Salemi, di cui è il sindaco. Tanto basta per suscitare l’ira dei cognati Borsellino, che hanno fatto carriera politica a sinistra, custodi della memoria del fratello assassinato da Riina. Nell’attacco a Borsellino Sciascia coniò la figura del “professionista dell’antimafia”. Era un preveggente?
Anche Maria Falcone si pretende custode unica del fratello. La cui memoria ha dato in uso politico alla sinistra. A quella sinistra, di Orlando e dell’ex Pci, che il fratello ha isolato e messo nel mirino della mafia.
Si potrebbe dire la Sicilia, il paese con più storia in Europa, un paese senza storia. La Sicilia contemporanea, da Cuffaro Vasa Vasa indietro fino a Sciascia compreso. Che tutto scioglie nelle sue passioni, senza riserbo e senza saggezza. Le quali si riducono in realtà a una, la facondia, o sentirsi parlare.
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