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giovedì 15 gennaio 2009

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (29)

Giuseppe Leuzzi
Milano
Alti lamenti a Milano di “governo ladro”, perché ha nevicato e i milanesi si sono sporcate le scarpe. Ma c’è voluto Giorgio Bocca di Cuneo, che a novant’anni ha trovato il coraggio di criticarli, per riderne un po’, a denti stretti. È infelice l’Italia di Milano. Perché i milanesi sono infelici, che ci governano. Sembrerà irreale questa Italia da un trentennio milanese. Presto, perché si sta sciogliendo come poltiglia di neve. Con la maggioranza silenziosa, cioè dei morti. E gli inverosimili Bossi e Berlusconi che ci comandano. I suoi inverecondi giudici. Trent’anni di Malpensa e diecine di miliardi scomparsi, compresa l’Alitalia. Con l’ideologia del lusso e dello spreco. Mafiosissima nel calcio e alla Scala. Inaffidabile e piena di se stessa, che inflessibile stringe il cappio sulla povera penisola, con le sue banche arcigne e l’editoria frou-frou – tocca compatirli i milanesi, con le loro disgrazie (oltre alle scarpe sporche ci sono stati i ritardi nei voli), perché non abbiamo altri giornali e altri libri.

Bocca ha prosperato a Milano sul Sud. Come del resto molti siciliani. C’è un corteggio di libri siciliani sulla Sicilia, alcuni accorti, altri semplicemente infamanti, che fanno la fortuna della Rizzoli e della Mondadori, le case editrici più grandi d’Italia, milanesi ovviamente.

“La vita di Eadweard Muybridge”, il fotografo, raccontano le biografie, “fu segnata da un drammatico evento che lo fece allontanare dall’attività fotografica. Nel 1874, quando viveva nella Baia di San Francisco, Muybridge scoprì che la moglie aveva un amante, il sindaco Harry Larkyns. Il 17 ottobre dello stesso anno gli sparò uccidendolo. Venne processato, ma fu assolto perché l’omicidio fu giudicato “giustificato”.
Il “delitto d’onore” aveva confini ampi, dunque.
Il compositore Philip Glass ci ha scritto sopra un’opera, “The Photographer”.

“Un commerciante indica in aula i suoi estortori: è la prima volta”, titola il “Corriere della sera” in prima pagina il 10 gennaio. Non è vero. È la prima volta, probabilmente, che gli estortori sono condannati, se lo saranno.
Il pizzo è come lo stupro, un delitto che non piace ai carabinieri e ai giudici. Fino a ieri considerato un reato contro il patrimonio, insomma contro chi è “ricco”, che se paga vuol dire che può pagare. Non si ricorda un’indagine (intercettazioni ambientali, controlli telefonici, pedinamenti) per questioni di pizzo, sempre è stata la parola delle vittime contro gli estortori, davanti agli occhi vitrei degli inquirenti.

Per battere il pizzo basterebbe un’assicurazione di Stato. Il linguaggio del pizzo sono gli “avvertimenti” o “dispetti”: bombe, incendi dimostrativi, furti, tiri a vuoto. Con lo scopo di terrorizzare le vittime. Ma con l’effetto non secondario di moltiplicare i premi assicurativi, quando non di annullare le polizze.
Il pizzo costa meno di una polizza triplicata o anche solo raddoppiata. E offre più servizi. La malavita del pizzo, la più invasiva, si moltiplica come tutte sulla base dell’impunità di fatto. Ma nello specifico su questo semplice calcolo delle convenienze. Lo Stato, se vuole combatterlo, basterebbe che garantisse, oltre l’incolumità, un costo sopportabile per chi rifiuta di pagare, il costo dell’assicurazione normale, senza rischio speciale.
L’assicurazione dello stato avrebbe due effetti, Di risparmio sulla spesa per le varie associazioni regionali, provinciali e cittadine contro il pizzo e i loro sterili convegni. Di sintonizzazione delle forze della repressione, giudici compresi, sulla natura sociale e pubblica dei delitti contro la proprietà - come sa bene chi è taglieggiato, o a fini di estorsione è stato perfino rapito, i delitti contro la proprietà sono ritenuti dalle istituzioni privati, e anzi personali.
L’assicurazione obbligatoria, si sa, moltiplica il crimine invece di dissuaderlo. La stagione dei rapimenti di persona si allungò e si allargò quando i Lloyds offrirono delle assicurazioni. Finì, invece, quando fu disposto il blocco dei beni dei rapiti e dei familiari. Un rischio suppletivo, d’incentivazione del pizzo, è peraltro proprio nell’assicurazione calmierata, offerta dallo Stato a sconto o comunque a prezzo normale, ognuno lo vede. Ma l’assicurazione obbligatoria renderebbe obbligatori anche la prevenzione e il perseguimento delle vessazioni.

Un terzo della malavita è in Italia di immigrati. Ma non ci sono immigrati delinquenti in Calabria e in Sicilia: niente spaccio, furti, minacce, estorsioni.

Si aprono negozi cinesi anche a Reggio Calabria e in provincia. Con le solite chincaglierie in vetrina e l’abbigliamento povero. Sono gli unici esercizi commerciali nuovi non soggetti alle intimidazioni d’uso, vetri rotti, bombe, gomme tagliate, incendi.

La signora W.P.W. è un’americana italianofila. Vive bene cioè in Italia e male in America. Ma per allevare il figlio all’adolescenza ha scelto l’America. Dove ha pagato per un discreto college, non ottimo, diecimila dollari l’anno. E poi per una discreta università, non dell’Ivy League, cinquantamila dollari l’anno. Che non aveva, per cui si è indebitata, e avendo un’età e non un’attività, ha dovuto accendere delle ipoteche. Riducendosi ad abitare in campagna, in clima semiartico d’inverno, con frequenti interruzioni di acqua, luce e riscaldamento. Per problemi insorti di neurochirurgia ha dovuto pagare un’assicurazione medica sempre più cara. Per cure non risolutive, e scadenzate, non frequenti. Tutto ciò che in Italia avrebbe potuto avere più o meno gratuitamente, a qualità più o meno eguale, se non migliore, per esempio per la sanità.
Non per razzismo, evidentemente. Né per calcolo. Per la percezione delle cose: l’America certo non è l’Italia. È la percezione che regola il giudizio e il calcolo, anche se l’immagine che inglobiamo è non più vera, e forse falsa, residuale, comunque non uniforme. È difficile scrollarsi di dosso un’immagine che ci piace, ci ha lusingato. Così come un’immagine negativa o depressiva. Per questo il Sud arranca: non c’è inversione di tendenza possibile se non c’è un mutamento d’immagine, un evento, una rivoluzione, un miracolo.

Sudismi\sadismi. Il “Corriere della sera” ha uno specialista, Gian Antonio Stella, in storie del Sud. Oniriche, selvagge, sempre di sprechi e corruzione. Sprechi ci sono analoghi nel lago di Como, dove un porto turistico sprofonda. Nessuna notizia. O un garage di due piani, sempre sul lago, si accartoccia perché il pilastro che lo reggeva era friabile. Nessuna notizia. Né c’è un articolo del valente scrittore su Malpensa, scandalo europeo. A Curno, cioè a Bergamo, la nuova scuola media, costata sei milioni, non è agibile: i corridoi e le uscite non sono in regola con le norme di sicurezza. Ma Stella latita. Il colore non mancherebbe: i bambini di Curno, anche se non possono usare la scuola nuova, vanno comunque in gita scolastica, con bei pullman favoriti dal comune, al locale Centro commerciale, ad ammirare un mosaico di caramelle, che raffigura il logo del centro commerciale.
Stella, è evidente, ha ottimi referenti a Palermo, che gli preparano storie irresistibili. Chicche che evidentemente nessuno gli prepara a Lecco, o Como, o Bergamo, i siciliani ancora non vi hanno esportato la ricetta.

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