Riprendersi i voti che Berlusconi ha rubato, dato che Berlusconi non intende morire, come sembrava, va bene. Ma portare i Ds al governo no. Casini, lusingato di avere il suo ex galoppino elettorale Franceschini a capo del partito Democratico, può forse illudersi di guidare un diverso centro-sinistra. O forse no. Ma i suoi elettori sono fermamente per il no, molti anche più a destra di Berlusconi, al quale si fa tra le altre cose colpa di intrattenere troppi liberali, repubblicani e socialisti nella sue file.
C’è anche in loro l’orgoglio democristiano per l’apoteosi televisiva di Franceschini e Casini. Ma la crisi del Pd sta suscitando curiosamente più apprensioni che compiacimento tra gli ex Dc di centro. E gli effetti potrebbero vedersi già alle elezioni europee, se Casini passasse sulle posizioni del Pd per quanto concerne la riforma della giustizia e dell’esecutivo – dando per scontato che resterà fermamente con la destra sulle questioni etiche, comprese le leggi per la sicurezza, e bioetiche. È un elettorato, più che conservatore, di vecchio stampo democristiano, cioè sospettoso della presenza sempre molto articolata dell’ex Pci nella gestione amministrativa. Stretto a Nord dagli assessori della Lega, al Sud da quelli manovrieri di Fini e Lombardo, cerca di smarcarsene, ma non abbastanza da perdere la diffidenza genetica verso i Ds. Il trionfalismo di Casini la sua base lo accetta come un’esigenza della politica spettacolo. Ma gli anticorpi anticomunisti, benché datati, sono in questa base, peraltro forte solo in alcune località, ancora prevalenti.
A questa diffidenza si aggiungono i timori che gli ex popolari vengano per farsi eleggere. A lungo gli Udc hanno considerato gli ex Dc nel Pd come ostaggi dei Ds, nel senso che lo zoccolo duro ex Pci assicurava loro posti sicuri in Parlamento. Ora c’è il timore che alcuni ponti fra gli schieramenti, se non passaggi di fronte, si facciano in senso inverso per pescare nel bacino elettorale moderato, grazie al patrocinio di Casini.
lunedì 23 febbraio 2009
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