Harold Bloom, eccellente critico comparatista, specialista della Bibbia, appassionato di Vico e di Shakespeare, ha costruito quindici anni fa una storia della letteratura occidentale tipo Attilio Momigliano, il Cappuccio, il Sansone, il Sapegno, il Russo, il Petronio, con le graduatorie e i titoli di merito. Vi si è anche disperso. Ma questa riproposta, per quanto singolarmente scorretta, gli rende più giustizia che la prima edizione, per i guasti ormai manifesti del multiculturalismo che egli denuncia, una barzelletta (ma il multiculturalismo era una barzelletta, anzi una violenta satira, già nel suo primo capolavoro, il “Mumbo-jumbo” di Ishmael Reed), e della democrazia dell’espressione. Che tutti abbiamo diritto di parola è diventato che la parola di tutti è uguale, e non è possibile che la stupidità sia al governo, per quanto buona.
Il “Canone” è dunque una buona vecchia storia della letteratura comparata. Entusiasta, da grande lettore, corroborante. Non registrata, e spesso prolissa. Ma brillante, spiritosa. Per il divertimento nella lettura, che ancora non era amorale, la critica asfittica non aveva dilagato. Divertente la ricostruzione di “Shakespeare è un altro”, è Marlowe, è una donna, è il conte de Vere eccetera (più divertente per il lettore di Bloom, che sa di un suo “Gesù e Yahvé”, unico testo non citato nell’inappuntabile saggio introduttivo di Andrea Cortellessa, in cui egli stesso invece argomenta del primo che è “un personaggio più o meno storico”, e forse non ha fatto quello che ha fatto). Piena di witz, come si deve. Esempi:
L’ansia da influenza, che paralizza i talenti più deboli ma stimola il genio canonico (p.17)
La critica letteraria fu inventata da Aristofane (anche se il copyright, dice Bloom, è di Bruno Snell) (22)
L’immortalità della letteratura è di Petrarca( 25)
Il “Paradiso perduto” come fantasy (32)
L’analogia tra la nascita di un bambino e la creazione di una poesia (38)
Il Canone è il ministro della morte ((ib.)
L’agonismo delle scrittrici, molto più determinate degli uomini (41)
Il “Faust” di Goethe è più un’opera lirica che un dramma teatrale (223)
Il Gesù della tradizione americana non è l’uomo crocefisso né il Dio dell’Ascensione, bensì l’uomo risorto che trascorre quaranta giorni con i suoi discepoli, quaranta giorni a proposito dei quali il Nuovo Testamento non ci dice quasi nulla (290)
Emily Dickinson, una setta composta da una sola persona (318)
Browning e Dickinson, i due grandi maestri inglesi del grottesco (344)
La critica letteraria freudiana è come il Sacro Romano Impero, non sacro, non romano, non imperiale (399)
La posizione del narratore ne “La prigioniera” e “La fuggitiva” è quella di una lesbica di sesso maschile (429)
“Orlando” di V.Woolf è l’inno erotico della letteratura indifferenziata (476)
La pazienza di Kafka (481)
Kafka è uno scrittore di romanzi e non un autore religioso (ib.)
Kafla è semplicemente la scrittura ebraica, persino più di Freud (484)
Se non fosse per il suo assunto principale, che c’è una letteratura occidentale - ebraica, greca, europea, americana - e che essa è il meglio che c’è al mondo. Ma si può essere critici non prevenuti, senza cioè approdare come Bloom usa dire alla Scuola del risentimento, che il Canone limita ai “maschi, europei, bianchi, defunti”. Senza essere cioè populisti (multiculturalisti, relativisti, tutti i nomi che la mediocrità prende, facendosi scudo della democrazia). Perché non c’è Omero in Papuasia? E che ne sappiamo noi?
Harold Bloom, Il Canone occidentale, Bur, pp.588, €14,50
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