Vent’anni di lettere, dal 1954 alla morte del poeta, documentano l’attaccamento di Volponi per Pasolini. Lo scrittore da giovane è poeta, si lega a “Officina”, quindi a Pasolini, e con loro evolve dall’iniziale ermetismo. Ma questo passaggio è forse il solo aspetto interessante della raccolta, per lo studioso di Volponi. Insieme con l’albagia di Pasolini, di cui non si pubblicano le risposte, rispetto alla devozione di Volponi, sconvolgente – che non ha un posto altrettanto privilegiato nell’epistolario del poeta, se non per missive affrettate, benché Naldini, che ne ha curato la corrispondenza, dica Pasolini “sollecito e coscienzioso”. Vale anche la raccolta, in questo impressionante, quale contributo alla letteratura del sé, dell’io dominante pure in un autore che si conosce per l’attenzione estroversa, della vita nel lavoro – Volponi lo dice io inafferrabile, ma lo è in quanto ruminato.
Volponi e Pasolini erano quasi coetanei (di un anno più giovane il primo). E se Pasolini è forte dal 1956 del successo di “Ragazzi di vita”, Volponi è vincitore nel 1960 del premio Viareggio poesia con “Le porte dell’Appennino”. Nel 1965, nel suo personale Secondo Novecento intitolato “Nuove questioni linguistiche”, tra il centinaio di scrittori che Pasolini menziona non c’è Volponi. Che era già autore celebrato del “Memoriale”. Salvo un riferimento derisorio agli Albini Saluggia (dal nome del personaggio del”Memoriale”) dell’Olivetti, dei quali non dà la paternità.
Paolo Volponi, Scrivo a te come guardandomi allo specchio. Lettere a Pasolini (1954-1975), Polistampa, pp. 216, €18
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