venerdì 20 marzo 2009

La favola del potere nel televisore

Un ghirigoro, dal nulla al nulla. Senza filologia, né storia. Né c’è la scienza del potere, se non il Gramsci confuso di “ogni Stato è una dittatura”. E il vago risentimento del potere che sempre sta nell’ombra, l’anarchia a tutti comoda e che però della democrazia fa un’oligarchia.
C’è molto Cesare, ma è quello “tedesco”, che coniuga destra e sinistra, del periodo guglielmino e ancora di Weimar, che Canfora chiama il “fascismo democratico”. Un Cesare di maniera, un totem, uno dei santi ispiratori del Kulturkampf più vero, che è l’ideologia dei primati, in cui anche il socialismo si assoggettava alla grandezza della Germania. Ma non c’è Foucault, e nemmeno Andreotti, né l’Avvocato Agnelli. Non ci sono i Bottomore, Russell, Mosca, Pareto, Jünger, Schmitt, Machiavelli c’entra per caso. Il destra-sinistra che ha affascinato a lungo i tedeschi, e Canfora già dal tempo in cui propose il Gentile de “La sentenza” e “Il comunista senza partito” Arthur Rosenberg, grandi narrazioni, è qui nella esposizione dell’antichista Eduard Meyer, conservatore, teorico ammirato del “bonapartismo di sinistra” in Lenin.
Galantuomini e snob
Un libro di divagazioni, frettolosamente montato, ormai anche Canfora è a un libro al mese, o due, nel quale l’antichista dissipa pure le sue doti di narratore, oltre che di filologo. Per l’ossessione, evidente, di Berlusconi, che non citato buca in più posti – nel cittadino “suddito-consumatore-arrampicatore frustrato”, e nel televisore (“ormai la parola pubblica è morta, sostituita da un potentissimo elettrodomestico. Chi lo possiede, per dirla con De Gasperi, vince le elezioni”). L’ossessione coltivata, blanda cioè e non veramente ossessiva, che è per molti una sorta di trincea, benché lustra e anzi con design d’architetto, per i tanti che si pensano veterocomunisti, specie diffusa tra i vecchi galantuomini, intellellettuali, meridionali – un po’ oblomoviani, certo, salveminiani. Canfora sa benissimo, per dire, poiché lo sanno tutti, che Berlusconi è invece un pessimo comunicatore, legnoso, ripetitivo, inconcludente, monotono, uno che non “buca lo schermo”, ma si parla allo specchio e mai entra in comunicazione (feeling) col pubblico, e che se le elezioni si vincessero con i talk show lui le perderebbe. Ma sì è uomo dei καιροί – Canfora, che il καιρός evoca, il momento buono, l’opportunità, per farne merito a Stalin, si lascia sfuggire questo καιρός, e cioè che Berlusconi è l’uomo dei καιροί, non se ne è perso uno. Che volgarmente si direbbe “ha culo”, ma è anche dote politica, saper afferrare il momento giusto, le opportunità, i treni - se una definizione si può dare di Berlusconi, è: “l’uomo delle opportunità”.
Pensare i berlusconiani frustrati, uno invidia tanta certezza. Non è la sola. Il libro si chiude con un sublime Hobsbawm, testimone involontario dell’indigenza politica di alcune generazioni intellettuali – con cui Canfora supersnob finge d’identificarsi, suprema ironia: “L’unica cosa assolutamente certa”, fa dire a Hobsbawm, è che l’impero americano “sarà transitorio come tutti gli altri imperi”. Da stropicciarsi gli occhi.
Luciano Canfora, La natura del potere, Laterza, pp. 99, € 14

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