Borges – Raboni (o Giudici?) sostiene che Borges “non esiste”, non avendo scritto un solo racconto degno di nota, o una poesia. Una storia molto borgesiana.
Brecht – Bisogna intendersi su Brecht, che primo e unico ha trovato per il popolo le immagini che ne vivificano la causa. Quelle immagini che solitamente la poesia riserva ai tiranni e ai padroni, mentre la causa del popolo al più s’imbottiva di retorica. Ma era un lestofante: si appropriava di ogni intelligenza, delle mogli e le fidanzate, dei collaboratori, dei conoscenti, non credeva al Partito che esecrava nel mentre che lo osannava, non credeva a niente, e accumulava i soldi in Svizzera per quando sarebbe stata fatta la guerra alla barbarie sovietica.
Dumas - Un antropologo. Intelligente.
Gadda – È, come Borges, fuori della letteratura. Che impersona, scrivendola, ma non la esercita. Letterato, come Borges, tutto d’un pezzo, e nient’altro che tale. Ma scrive a distanza. L’unico, con Borges, modernissimo - Proust, Joyce, Beckett, gli autori classici della contemporaneità, sono ancora romantici.
Per l’alterità che ne caratterizza l’opera di fronte alla loro vita. Nell’epoca in cui della letteratura si sono perdute le tracce – cultura di massa, del giornalismo, dell’intrattenimento, dell’evento, dei consumi, e della società civile o autoimpegnata (mancano ancora le biografie di tipo americano, sempre robustamente manuali: taglialegna, pugile eccetera).
Giallo - Il pattern è indubbiamente quello della tragedia classica, da ultimo Crono e Urano, il rapporto antropofago padri-figli, nella terza rata della trologia di Larsson: si buttano ami in tutte le direzioni, moltiplicando le situazioni estreme e inverosimili – il delitto come atto è subito finito, si vivacizza per la ricostruzione, i contorni, l’efferatezza. Quando la vicenda è ingarbugliata al massimo, o entra in stallo, si fa intervenire il deus ex machina.
La prosa dei gialli è sempre fluviale, irridente, autoirridente, vacua, piatta. Col sapore di un viaggio in macchina, che in Italia è sempre un caleidoscopio di immagini, e una sensazione generale di euforia, ma senza tracce. Da Conan Doyle e Arsenio Lupin a Agata Christie, oppure oggi a Vazquez Montalbàn, Camilleri, Larsson. O, quella di Maigret, tirata via - non quella di Simenon, proprio quella di Maigret. Ma se ne fanno buoni film, spessi, durevoli, con personaggi “veri”, quasi sempre sorprendenti: lo stesso Maigret, il melenso Poirot, Sherlock Holmes inafferrabile - anche Barnaby, Jack Frost e Morse, per la superiore tradizione britannica del film televisivo (prestata all’Italia per “La baronessa di Carini” e altri sceneggiati d’epoca).
Da romanzi spessi, quelli di Chandler o di Hammett, o di Margaret Millar, invece, film mediocri, inutili, noiosi.
Hölderlin – Ammutolisce (si toglie la parola, si fa afasico) quando scopre che la sua lingua è morta. Che la filosofia e la mistica, basate sulla filologia, sono inespressive – non portano alla novità ma all’arabesco. Chiude allora il sogno divino e resta fanciullo.
Il suo silenzio è quello dell’intellettualismo – della deumaninzzazione – dell’università tedesca, che fu la sua grande esperienza di vita, con Hegel e Schelling. Della gioventù (passioni, languori, incertezze, scoperte) trasformata in saccenteria e spinta sul binario morto della filologia (morto è il binario quando la filologia vuole essere tutto – la genealogia di Nietzsche: filosofia, poesia, vita)
Italiano – La sua poesia è intellettuale (Dante, Petrarca, Boccaccio…). Anche la giocosa o burlesca (Boiardo, Ariosto…), o disperata (Cecco...). Anche la pittura lo è, sotto l’apparente facilità. E l’arte tutta in genere. Non ha Omero o Shakespeare, che saltano o mediano la riflessione, dando l’illusione d’immedesimarsi con la vita – e convenientemente mancano d’identità personale.
Machiavelli – Soggiace al singolare fuoco di sbarramento, concentrato e incrociato, da “destra” e da “sinistra”, cui fu sottoposto nella secondo metà del Cinquecento e nel Seicento. Accusato d’immoralità e di ogni ignominia dai fautori dello Stato confessionale, i gesuiti e i protestanti. Gli accusatori si atteggiano da allora a difensori del bene contro lo Stato tirannico. Non senza ragione, ma con quel vizio d’origine colpiscono con Machiavelli ogni idea di libertà, ossia di autonomia del politico. Sono integralisti che fanno leva sul moralismo per bloccare la funzione politica che sempre più si faceva autonoma - con Machiavelli da subito al massimo grado – e sola può dare delle risposte democratiche, legate cioè ai bisogni del popolo. Machiaveli che ha il suo patrono in Tito Livio, storico di grande cultura e modestia, fautore della virtù e fustigatore dei vizi, competente, misurato.
Malaparte – Ha un motivo tutto suo, la fisicità. Dei corpi, le bestime, la natura. Non intellettualistica: si vede dal penchant omoerotico, che certamente non era una posa, almeno questo, non nel fascismo.
Mann, Thomas – In Italia è letto molto seriosamente, mentre dà il sospetto di un’enorme architettura ironica. Com’è letto in Germania, come suona in tedesco?
Manzoni – Viene risciacquato col pessimismo cristiano. Ma il suo era ottimismo cristiano: povero ma consolatorio, sulla inea del vogliamoci bene, o della carità che lava le sofferenze. Una concezione arcaica del male – da sacrestia però e non epica. Il romanzo ne è segnato, e la poesia – la schiava della “Pentecoste” non ha nulla da invidiare al figlio della libera: “Non sa che il regno è misero,\solo il Signor solleva?”
Il Manzoni privatamente ipocondriaco e egoista, proprio come un prete.
Nietzsche – Nella lettura di Edipo, Prometeo eccetera, palesemente non sa cos’è la femminilità – maternità – nel Mediterraneo. Va per stereotipi, da giovane tedesco, seppure non filisteo.
Omero – il puro talento narrativo. In plot spesso scontati (Odisseo e le donne), triviali (Polifemo),
ripetitivi (battaglie e duelli). Per il culto della forma – per l’impassibilità, nei confronti di dei e umani, Achei e Troiani, eroi e umili, gioie e sciagure.
Traduzione - È impossibile, da Dante a Croce. Ma ogni opera d’arte è traduzione – è interpretazione: la musica, il teatro, una poesia, o anche la visione di un quadro, una statua, un palazzo, un giardino.
martedì 17 marzo 2009
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