Non è stato promosso da Berlusconi, che anzi lo fa votare all'apparenza riluttante, ma non c'è dubbio che l'ultimo referendum maggioritario di Mario Segni sarà l'ennesimo successo per il presidente del consiglio. Il referendum che si propone sarà un passo decisivo verso l'elezione diretta del capo dell'esecutivo, col premio di maggioranza al partito che prende un voto più degli altri. Non più alla coalizione, al singolo partito. Il referendum è stato proposto contro una legge del governo Berlusconi, ma va nel senso da lui auspicato, non recepito nella legge per le resistenze dei bossiani e dei casiniani. Il Pd dichiaratamente, Berlusconi in pectore, i due maggiori partiti tifano per il referendum.
Il referendum anticipa e in buona misura decide la modifica dell'esecutivo nel senso dell'elezione diretta del capo del governo, che Berlusconi non riesce a realizzare per le resistenze dei poteri costituiti, istituzionali ed economici: un solo partito vincerà le elezioni, e in pratica è come se si votasse per il suo capo come capo del governo. Che non dovrà quindi più mediare tra i vari partiti della coalizione, né subirne i con dizionamenti. È un passaggio decisivo al bipolarismo, col premierato, come nel sistema britannico, se non con l’elezione diretta del capo del governo.
Dopo il referendum Berlusconi potrà fare a meno della Lega e della Sicilia di Lombardo. E la prospettiva non sarà senza conseguenze sul voto in Lombardia e in Sicilia, due regioni molto sensibili al voto utile. La ruota del maggioritario e del premierato sarà inarrestabile.
Questo lo sanno tutti, lo capiscono tutti, e tutti lo voteranno, non c'è dubbio: la tendenza al maggioritario è sempre forte tra gli elettori. Con un voto referendario che, per essere associato a un voto amministrativo, ha buone possibilità di superare il quorum, contravvenendo alla fase di stanca, di disillusione, che da qualche anno circonda i referendum. Ma per settimane abbiamo sentito Berlusconi accusato di non volerlo, quando si sa che ne sarà il primo beneficiario. Accusato dai partiti che col referendum probabilmente scompariranno, Rifondazione, i Comunisti, i dipietristi, i casiniani, i verdi, i radicali. Il secondo quesito del referendum impone infatti uno sbarramento elettorale elevato.
Tutto chiaro, tutto noto. Ma non si sa se è un caso di eutanasia, se addebitare l'esito al senso di sacrificio finale dei partiti, non si dice che il suicidio è l'atto di libertà supremo, o all'antiberrlusconismo ottuso in cui Lor Signori intrappolano l'opinione pubblica.
giovedì 23 aprile 2009
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