Lo stesso giorno del terremoto la Rai fa una baraonda sulla mancata prevenzione – prevenire i terremoti, le alluvioni, i fulmini, come no. Senza dimenticare di far parlare su questo e su tutti gli altri argomenti della lunghissima giornata tutti i suoi padroni in fila, giù fino a Casini, Di Pietro, o Di Pietro prima e Casini dopo, la Rai ha un ordine, Schifani e Fini. In omaggio alla par condicio, il conformismo dell'abiezione. In attesa di prevedere e organizzare un terremoto di destra e uno di sinistra.
Un piccolo Grande Fratello – un tempo si sarebbe detto sono gag di Totò – tra i morti e le rovine. Bruno Vespa che insolentisce i vulcanologi Broschi e Barberi, davanti alle rovine, per non aver voluto prevedere un terremoto che invece un tecnico di laboratorio insiste di avere previsto, anche se in un'altra città. E che un professore di Pisa dice si potrebbe prevedere, forse, un giorno, perché no, la scienza va sempre avanti, se la ricerca per la quale si appresta a presentare un progetto andrà a buon fine.
Una farsa: gli sciacalli, che si pensano senza faccia nell'ombra, in primo piano su Rai Uno. Non fosse Vespa la Rai, e tanto più per essere abruzzese: la quintessenza di un certo mondo. Che è la coscienza dell'Italia. La lingua dell'Italia. Il potere più potere della Repubblica, inscalfibile, intramontabile.
La Rai è potente, molto. Ma non è innocua. È l'Italia. Che è, non c'è più da dubitare, quella dei geometri, dei ragionieri, dei tecnici di laboratorio che prevedono i terremoti, dei guaritori di tumori, nel nome della mediocrità, e quindi dell'uguaglianza. Dei forcaioli ladri, professi. Dei forcaioli ladri professi in Parlamento. E in questa veste avere diritto a parlare alla Rai senza contraddittorio di tutto. A turno ben inteso, per la par condicio.
La Rai non è da sottovalutare anche perché ha infettato l'Europa. Che a una sola cosa è interessata mentre le case crollano all'Aquila: se e dove nella sua lunga giornata Berlusconi dirà una sciocchezza. Non l'ha detta, questa volta, e allora gliela fanno dire, nemmeno per cattiveria, per fare la giornata, la giornata del giornalista europeo è fatta così. Del giornalista dei grandi giornali, il “Times”, il “Guardian”, “Le Monde”, “El Paìs”. La mattina presto, quando sono ancora sobri. Dei grandi giornali che fanno l'Europa. Si capisce che il continente non sappia che altro dire.
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