Alvaro nasce e sarà, in quanto giornalista e linguista, il primo scrittore-viaggiatore del Novecento (il secondo, Arbasino, ne ripercorre molte maniere, e perfino alcuni lessemi – anche se non saprà chi è Alvaro). Ma con un distinto senso delle radici, benché sofferto, della famiglia, del paese. Questa raccolta di una parte dei testi che egli scrisse per il “Mondo”, in prevalenza da Parigi (c’è anche una prima prova di traduzione di Proust) dà corpo duraturo, benché accennato, irriflesso, alle nostalgie dello scrittore. Nel quadro delle frequentazioni internazionali, Proust, Pirandello, Copeau, Crémieux, ritornano San Luca, il padre, i fratelli, la madre-donna. L’introduzione di Anne-Christine Faitrop-Porta, lunga un quarto della raccolta, ne rileva i motivi, assortendoli della bibliografia di tutti gli articoli di Alvaro per “Il Mondo”.
Ci sono anche molti elzeviri, genere oggi in disuso. Non lunghi, una paginetta, ma densi. Del rifiuto della “letteratura”? Non dicono infatti niente, ma usavano molto, per il bello stile.
Corrado Alvaro, Lettere parigine e altri scritti 1922-1925
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