venerdì 10 aprile 2009

Letture - 7

letterautore

Joyce – Che pensava, che diceva? Strana afasia per un personaggio che ha vissuto in molti luoghi e frequentato molte persone, molte di eccellente qualità, e di suo impositivo, perfino tirannico. Su fondo di misantropia? Le cattiverie di Finnegan’s Wake possono essere miserabili. Bruciato dall’ironia? Sì, dal suo essere irlandese, una sottocultura al suo tempo – si vede dall’ordinata pacatezza degli articoli triestini sulla causa nazionale irlandese. È amato dai lettori intellettuali. Anche non lettori: perché possono riempirlo a piacimento?

Novecento – Avrà prodotto personaggi stinti, dai duchi di Proust a Bloom e consorte, agli innumerevoli borghesi manniani, senza volto, né bello né brutto. Compresi naturalmente i personaggi per questo costruiti, da Pirandello, Céline, Gadda, Calvino, per filosofia di vita. Ma non è stato un secolo filosofico: è sulla difensiva (la filosofia della crisi fatica a emergere come filosofia, essendo un derivato della disperazione, o dell’isolamento – da laissés pour compte), e cerca vie d’uscita (assoluzioni, consolazioni, speranze, indulgenze). Perché è stato governato dalla forza, malgrado i tanti ineluttabili fallimenti: tedeschismo, nazismo, comunismo, imperialismo, per finire – ricominciare – con la pulizia etnica, e c’è al varco la povertà di ritorno. Avrebbe dovuto essere il secolo della pace e delle miti pretese (la civiltà dei consumi può prosperare solo se le pretese si danno dei limiti), le premesse c’erano, e il trionfo dell’Europa. Ne ha sancito la fine?

Padre - È in imprevedibile, sostanzioso, ritorno. In “Italiana”, l’Antologia dei giovani narratori di Tondelli (Allamprese, Bacci, Cappelli, Capriolo, Mani…), nel “Requiem” di Patrizia Valduga, in Ginsberg (“poeta del proprio padre”), in Alda Merini spesso, in Tabucchi, nel “Piccolo Budda” di B.Bartolucci e tanti film americani, nella “Storia infinita” di Michael Ende.

Pasolini – È un uomo ordinato. Paradossalmente, con tutte le sue voglie di provocazione e le bestemmie degli ultimi tempi, la sfida alla disperazione. È un intellettuale. Molto colto (tradizione, classicità, linguistica, figurazione), attento, misurato. È poeta solo per una vena di bontà – soffocata dai tempi. I suoi testi (poetici, narrativi) come i film sono soprattutto dei saggi, dotte letture, dell’attualità come dei tempi remoti. Si veda la differenza fra il romanesco suo, di uno che lo “viveva”, anche se non lo parlava, e quello di Gadda, che semplicemente lo studiava: tanto posticcio il primo, artificioso, quanto fantasioso e creativo il secondo.
È uno dei problemi di Pasolini: di un uomo portato alla vita ordinaria, ben costruita, impegnata, professorale e\o manageriale, anche nella sua adesione costante al partito Comunista, che si cuce addosso, e ne viene cucito, il personaggio di maledetto. Senza rapporto con la condizione esistenziale - l’omosessualità si viveva tranquillamente, a Roma e anche in campagna. Per una scelta, anche questa d’ordine borghese, in linea con la società spettacolo: emergere attraverso lo scandalo. Significativa la distorsione da lui spesso ripetuta dell’evangelico “oportet ut scandala eveniant”, che invece, se completato, suona così: “È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per colpa del quale avvengono” – la versione è identica in Matteo, 18,16, e in Luca, 17,1.
Poeta lucido - più che nei saggi, pure chiarissimi, didascalici, in quello che dice, e per come lo dice. Ma uomo confuso, nella vita e nei romanzi. Il problema è, come lui sostiene ossessivamente, l’omosessualità non accettata? O non l’insincerità politica? Nella tragedia del fratello Guido, nell’espulsione per immoralità dal Partito, nella condanna di Praga, nell’irrisione dei giovani contestatori.

L’omofilia in realtà sarebbe stata accettatissima – Pasolini è un costante, incontenibile, cacciatore. Potrebbe essersi tradotta in nevrosi da accumulazione, la moltiplicazione dei corpi del collezionista avido? Sade non è un’eccezione.
Ma è pure vero, a giudicare dalle abitudini del signor Proust, che del sesso voleva immagine repellente e, pure così sollecito e perfettino, faceva “sputare” ai suoi maschioni sulle foto delle amiche duchesse e della madre, che l’inversione non è nell’omofilia, ma nel rigetto della sessualità, dopotutto - la semiologia del resto scopre nei segni la manifestazione della mancanza del referente. Si cancella l’erotismo con l’appagamento sessuale, mentre la coazione a ripetere diventa odiosa in sé e rende odioso l’oggetto del desiderio – che è Sade in senso proprio.
Vive – è vissuto, sta nella storia – nella colpa.

Furio Jesi parla per Pavese di “devozione alla morte”, come depositaria del mito, padrona, elargitrice. Dopo “Petrolio” questa devozione è conclamata anche in Pasolini, letteratissimo mitologo. La sua vera colpa dev’essere questa, poiché lo spiega tutto: dalla voglia di scandalo (isolarsi costante) all’apoditticità (sacertà), al tratto fanatico, al culto della tradizione. La sua poesia (la sua unica) è quella dei luoghi, delle scansioni naturali (colori, forme), delle pulsioni incontrollate. Sebbene con una rilevante dose d’artificio, perfino di teatralità.
L’artificio è però prevalente: la “devozione alla morte” è in Pasolini derivata, una passione acquisita, immune da pulsioni suicide, e in contrasto con la felicità dell’adolescenza e della giovinezza. Mette radici negli anni in cui suo fratello è assassinato dai comunisti, e i comunisti lo mettono al bando per l’omosessualità. Può esserne la conseguenza? Un senso di colpa per la mancanza di coraggio, se non per l’opportunismo. Da qui il forte senso di falso della sua genialità. E anche delle sue mitologie: dei della campagna, angeli della periferia, olimpi coniugali, la stessa Passione evangelica.

Se era ingenuo, ha fatto di tutto per mostrarsi opportunista. Non c’è occasione della sua vita di celebrità in cui non si esibisce, anche con crudeltà: i fidanzamenti con la Betti e la Callas, le contestazioni, l’inaffettività, madre esclusa – esclusa?

Era come uno dei suoi personaggi: “Me ne sono fatti trenta questa settimana, anzi questo week-end”.

Platone – Potrebbe essere un grandioso, dissimulato, naturalmente, barzellettiere – la parlata ionica vi si presta, essendo tutta understatement: il filosofo del dire non dicendo, della bontà del tacere, o della stupidità di dire quello che veramente si pensa, della storia che fa male alla memoria… Tutti concetti eversivi, alla maniera appunto dell’umorista – sospesa, problematica – e non assertiva, del furioso e costruttivo nichilista, il rivoluzionario.

Proust – Ha fatto la théologie de la noblesse, dice Cristina Campo. Senza ironia?.
Senza anima, e senza corpo. Senza nemmeno gioco o altro diletto, e senza informazione o giudizio critico. Nulla che innamori di nessuno dei suoi personaggi di Proust, né femmine né maschi – lui, li amava?

Si ammira per la conversazione dei suoi innumerevoli ospiti, idolatrata a petite musique. Che è, sì, costruita: è un’aria di bravura, su note banali e anche volgari - avrà fatto la letteratura dello small talk, la conversazione per non dire nulla, se ce ne sarà una.

I romanzi della "Ricerca" sono storie fin-de-siècle come se ne scrivevano ordinariamente a Parigi, di mantenute e apaches, anche maschi, la gelosia inclusa – di un mondo inaffettivo0 che la escludeva naturalmente.
Molto è in Swinburne: sensiblerie, sado-maso, desiderio inesausto, incesto, irresolutezza dei caratteri, che si lasciano fare. In “Lesbia Brandon” c’è anche uno Charlus (Linley), la politica-come-il-cavolo-a-merenda (l’unità italiana e Mazzini invece dell’affare Dreyfus), e un ricevimento lungo cinquanta pagine invece di duecento.

Ha lasciato i suoi personaggi al negativo, comprese le nonne e le zie. Al negativo fotografico: senza dare loro contorni precisi (vizi, virtù), senza luce, senza colori.
Effetto dell’ironia?

La sua ironia è boulevardière, da pigiata del potin mondano.

Quasimodo – Si spiega con la Sicilia, ha ragione Aragon. L’elegia di una nostalgia, di una mancanza, ma senza il ritorno – non si ritorna all’isola? Forse, il ricordo consola.
È un siciliano però diverso: per il senso forte della natura che lo culla: erba, acqua, fiumi, tramonti, pietre, vento, neve, nebbie, alberi.

Razzismo - È nordico. I mediterranei basavano la loro superiorità sulla cultura.
Non è solo del Nord dell’Europa, ma anche della Cina e dell’India.
È un fatto: la politica zoologica è dei popoli freddi. Ma senza una ragione apparente.
Se ne può azzardare una: il razzismo oppone la fisicità alla cultura. Dunque la cultura viene dal Sud?

Romanzo - È il gnere letterario (la rivoluzione) del Terzo stato, dice Debenedetti, “Saggi critici”, Svevo. Grigio cioè, com’è grigia la vita del borghese.
Ma perchè la vita del borghese è grigia? Non sarà una proiezione degli intellettuali, che sono borghesi, un’autoflagellazione? E il romanzo del popolo allora, che in realtà lo coltiva? E quello dei letterati? O degli stessi dottori del profondo, poeti, filosofi?
Il romanzo è semmai l’unica forma di arte popolare di una certa dignità. E il cinema il romanzo in immagini, lo sarebbe ancora di più se non costasse tanto farlo: è incredibile la capacità di affabulazione delle immagini, che portano i milioni di spettatori a consumare senza alcuna difficoltà gli artifici retorici apparentemente più disumani.

Scalfari – Nessun problema è il suo problema.
Il suo moralismo in politica è altro: una scelta tattica. Un posizionamento: dal picco si tira meglio su chi sta in pianura. Non per altro, per un irrefrenabile sarcasmo, verso tutto ciò che è in vista, pubblico, apparentemente potente – molto etnico, calabrese.
È scisso: non manca di sensibilità ma la reprime. E non per tatticismo, per istinto incomprimibile. Usa solo l’intelligenza, a fini eversivi..

Stendhal - È Dumas, con qualche coloritura romantica. Tenue, per fortuna.

Traduzione – Si vuole impossibile, da Dante a Croce. Ma ogni opera d’arte lo è: è lettura, visione, interpretazione. La musica, il teatro, la declamazione, e anche le lettura muta, la visione di quadri, statie, palazzi, giardini, ambienti, l’ascolto di un’esecuzione è perfino traduzione doppia.

letteautore@antiit.eu

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