Il distinto tocco da Terzo mondo che Obama ha portato alla Casa Bianca, seppure in stile afroamericano, inciamperà presto nell’Iran. Che non è Terzo mondo, come Obama sembra pensare, una pacca sulle spalle, un conto in Svizzera e via, anche se qualcuno gli ha detto che è un paese antico. Non è peraltro colpa sua, l’America non ha un’idea dell’Iran: non l’ha avuta al tempo dello scià, quando poteva diventare il suo fortissimo baluardo al centro dell’Arco della Crisi, una Turchia dieci volte più unita e determinata, né al tempo di Khomeini evidentemente, che pure ha portato in trono, e neppure dopo, al tempo di Reagan e dell’Iran-Contra, delle armi iraniane per gli insorti nicaraguegni filoamericani – l’America è sempre la stessa, con Obama e senza. Malgrado i buoni propositi, e Obama non ne tralascia uno, non c’è incontro in vista tra Washington e Teheran.
Il fatto è naturalmente augurabile, e comunque bisogna non precipitare la situazione già difficile, e alcuni punti fermi si stanno mettendo a punto a Roma. Non per l’America, che sa tutto quello che vuole sapere e non chiederebbe mai una mano, non l’ha mai chiesta, ma per l’Europa. Che non aggravi la situazione, già molto a rischio con l’atomica. Il punto fondamentale è che l’Iran deve avere una contropartita. Ciò è vero di qualunque trattativa, ma l’America ha il vizio di dimenticarselo. L’unica contropartita che possa interessare a Teheran è il riconoscimento del ruolo di potenza regionale, a scapito del Pakistan e dell’Arabia Saudita, ma anche questo è da non mettere in conto, gli Usa hanno “creato” le potenze Pakistan e Arabia Saudita, e le tengono in piedi, benché ondeggianti. E per una volta che hanno tentato di dare a Teheran un ruolo hanno sbagliato il terreno, scegliendo la religione: gli iraniani, e gli ayatollah con loro, non sono una chiesa, non sono interessati a compartecipare la religione con il confinante Iraq, pensano e operano ancora in termini di confronto con gli arabi, siano essi pure della comune confessione sciita.
Su due punti specifici però l’Europa può agire per disinnescare Teheran: uno è Mosca, l’altro è il gas. Una politica di apertura verso la Russia, invece dei dispetti alla Sarkozy, è possibile all’Europa su molti fronti: l’entrata nella Wto, la ristrutturazione dell’industria dell’energia, le infrastrutture. La Russia, che non ha anch’essa un vero interesse ad armare l’Iran con la Bomba, potrebbe arrestare la cooperazione nucleare all’industria civile. L’Iran, che non ha più molto petrolio, ha invece tantissimo gas. Il Golfo Persico, che Teheran stava per mettere in produzione dieci anni fa prima della scelta nucleare, ha le maggiori riserve al mondo. Svilupparle, per il consumo interno dell’Iran e con contratti di esportazione, renderebbe ingiustificata la scelta nucleare. Che, non si dimentichi, sta svenando l’Iran.
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