venerdì 22 maggio 2009

Marchionne Napoleone politico

Da nessuna a metà più una delle possibilità, Marchionne ha riuscito in dieci-quindici giorni un altro miracolo. Anche se il governo tedesco non dovesse dare Opel alla Fiat, l’amministratore delegato ha già fatto il miracolo: la sua candidatura è senz’altro la migliore, e il governo tedesco dovrà giustificarsi, così come il sindacato e i governi regionali, di averla rifiutata.
Dopo aver avuto ragione dell’assurda guerra dei Montezemolo-Elkann a Berlusconi, stabilendo un contatto molto proficuo col governo, e la conquista di Chrysler con l’accordo del diffidentissimo Congresso Usa, Marchionne ha comunque già domato, con la sua teutonica meticolosità e l’understatement, il razzismo istintivo del governo tedesco, se non della Merkel – essa stessa in Germania vittima di pregiudizi “territoriali”. Può anche darsi che sia una vittoria di Pirro, che alla fine vincerà il razzismo, tenace tanto quanto irriflesso, dei governi regionali e delle centrali sindacali, ma Marchionne lo ha denudato. Tre vittorie in tre mesi, su tre governi ostili o diffidenti, è roba da Napoleone della politica.
La Fiat aveva preso Marchionne perché nell’industria automobilistica, in America, in Giappone, alla Mercedes, erano gli uomini di finanza a gestire le aziende, il business era prevalentemente finanziario. Marchionne ha capito che bisognava tornava ai modelli e al mercato e l’ha fatto, lui uomo di conti e partite di giro. E ora che la crisi ha rimesso sul mercato la grande politica, eccolo sollevarsi al livello dei maggiori governi del globo, l’americano, il tedesco. Male che gli vada, ha dato alla Fiat anni di grande lustro, anche per dover superare l’handicap Italia – l’Italia è da anni un handicap per gli operatori nazionali, cara, sporca, inefficiente, farsesca.
Non sarà più la stessa Europa
Stando le cose come stanno, Marchionne potrebbe anche entrare nella storia. Come quello che ha denudato le ipocrisie europee. Quelle di una Europa unita e solidale: è un tipo di ipocrisia eminentemente italiano, che non ha mai avuto riscontri negli altri paesi europei, se non forse in quelli minori, Olanda, Belgio, attenti tuttavia pur essi a imporre i propri interessi. In Europa vige sotto la retorica il mercantlismo più bieco, fino al latrocinio, dei marchi, dei prodotti, ma la retorica ufficiale vuole che invece sia un consesso di anime candide, che quando criticano Berlusconi, a Londra o a Francoforte, lo facciano perché sono innamorate della democrazia, e altrettali sciocchzze. Ma una novità realistica, seppure limitata alla sola Italia, avrà ripercussioni su tutto il castello unitario. In questo senso sicuramente dopo la crisi non sarà più come prima, nei rapporti tra i partiti in Italia, nei rapporti tra le potenze europee - Roma, per dire, si ritroverà ancora una volta meglio accetta negli Usa che dalle sorelle Germania o Francia, un pattern costante in questo lungo dopoguerra.

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