Non bastano le tre carte di Marchionne, la Fiat non ha alcuna possibilità in Germania per la Opel. Non per le garanzie sull’occupazione, che nessuno dei concorrenti all’acquisto dà, ma perché è un’azienda italiana. A nessuna condizione un’azienda italiana salverà una grande azienda tedesca, Verheugen non è un bisbetico isolato - e anzi conferma che la Ue non esiste, si parla di unione solo quando fa comodo alla Germania e alla Francia.
È comprensibile: le maestranze e gli impiegati tedeschi non vogliono capi italiani. Ma il mercantilismo vi è pure feroce. Il riflesso condizionato è comune ai partiti e al sindacato dei metalmeccanici, anche se sfumato per ragioni di buoni rapporti europei nel capo del governo Angela Merkel. Nonché alla Volkswagen, che è la Germania, e che non vuole Fiat tra i piedi. Ed è un riflesso, si sarebbe detto un tempo, razzista: non ci può essere un’azienda italiana migliore di una tedesca, non nell’automobile. Il fatto è già stato spiegato a Torino dai consulenti svizzeri e tedeschi presentiti sull’operazione.
Marchionne insiste, nell’ipotesi che una scelta ponderata prevalga. Opel si acquista in definitiva da General Motors, la quale ha solo interesse a passarla alla Fiat. Ma il general manager di Fiat sa che la vecchia casa automobilistica, benché americana da quasi ottanta anni, è in realtà tedesca a tutti gli effetti, come tutto ciò che si trova in Germania. Dove il mercato è finto, il riflesso mercantilista sempre prevalente: il negoziato vero è con i governi, centrale e regionali, e con i sindacati.
Al sindacato aziendale e ai ministri della Merkel Marchionne illustrerà i tre punti di forza di una possibile intesa: gli ottimi risultati ottenuti da tre anni, l’integrazione fra il Nord Italia e la Baviera-Svevia nell’industria dell’auto, il parziale disimpegno di Fiat-Opel dal gruppo Fiat, per costituire un’entità proprietaria e gestionale autonoma - sull’esempio di Unicredit-Hypovereinsbank, il gruppo bancario influente proprio nelle regioni meridionali della Baviera e della Svevia. Ma il riflesso antitaliano è generale tra i giornali e i politici, il commissario europeo Verheugen, che l’ha detto pubblicamente, rispecchia l’opinione dominante.
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