Sfogliando i giornali tedeschi per seguire la vicenda Opel, si trova molto di scontato, gli stereotipi non sono inventati. La diffidenza dei socialisti tedeschi e dei sindacati contro tutto ciò che è latino e quasi papalino, e quindi inaffidabile - in Germania è sempre Kulturkampf. O il senso di umiliazione della stampa tutta per la laboriosità e l’inventiva della Fiat al confronto dell’inerzia Opel. Si trova anche la piccola politica prima del cosiddetto senso dello Stato. La partita Opel è una delle tante che si giocano fra socialdemocratici e cristiano-democratici, benché alleati digoverno: i primi si vogliono artefici di un salvataggio tedesco di Opel, i secondi fanno agio sulla prevedibile reazione antirussa nel voto popolare, specie negli stati orientali, poiché la soluzione Magna è in realtà tutta russa. Una scena abbastanza cinica, insomma. Ma si trova anche un abisso tra due diversi modi di fare politica, come di due mondi lontanissimi e non confinanti – che gli stereotipi anzi non riflettono abbastanza.
In Germania c’è un governo difficile di coalizione tra i due maggiori partiti, da sempre in concorrenza. Retto da una donna, dell’Est, relativamente nuova alla navigazione politica. In dissoluzione, perché le elezioni sono prossime e nuove alenaze sono già definite. Che affronta e decide problemi, nell’ottica italiana, immensi: il salvataggio dalla Opel, la Fiat tedesca; il salvataggio del gruppo Thyssen, il glorioso acciaio; il salvataggio della Porche da parte di Volkswagen; il salvataggio della Hypo Real Estate e di molte banche regionali. E anche la Mercedes, che è poi la Germania, va salvata - forse attraverso la Bmw.
Da noi c’è una storia di corna - che non sono, pare, nemmeno corna. E lo Special (virgola zero) One di casa Moratti. La boriosità milanese, e solo quella. Con un cardinale che ci fa la ramanzina, anch’egli milanese.
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