La soluzione Opel, anche se passasse sotto Fiat, sarà comunque una nazionalizzazione mascherata: la nuova Opel, sia pure Opel-Fiat, sarà sotto il monitoraggio continuo del governo tedesco, se non sotto la gestione diretta. Dovrà cioè rispondere al governo federale e a quelli regionali, oltre che al sindacato come è negli statuti tedeschi di gestione aziendale. La nazionalizzazione deve essere mascherata per essere in armonia con le regone europee - non lo è, ma le regole, seppure mascherate, le fa Berlino. Si avrà quindi il preannunciato finanziamento-ponte federale, con la condizione però di vincolare ogni decisione del management all’approvazione del governo, soprattutto per la necessaria ristrutturazione.
Una soluzione cioè problematica per il management, a ogni decisione di riduzione della produzione o della forza lavoro. Forse non per Marchionne, se ha il segreto di disinnescare ogni mina politica. Ma le possibilità che Marchionne salga al comando sono sempre irrisorie. A questa nazionalizzazione mascherata risponde più la candidatura del gruppo austriaco di componenti, che è irrisoria da ogni punto di vista, della progettazione, del marketing, dei finanziamenti, ma assicura appunto una gestione tedesca-tedesca della nuova venture.
Sulla nazionalizzazione mascherata non ci sono divergenze tra i partiti di governo, socialisti e cristiano-democratici, che su questo terreno incontrano anche il sindacato, ma solo un diverso approccio alla forma. Più duro quello socialista, più farisaico quello cristiano-democratico, anche per stare al linguaggio dalla Ue, ai buoni propositi. La Germania come si sa non è un mercato ma piuttosto un bunker, per di più congenitalmente diffidente, ma con la Ue ci guadagna molto e alle forme ci tiene.
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