Si apre a Roma una tornata di rapporti indiretti tra Iran e Israele, col fine condiviso di svelenire la questione nucleare e quella Hamas. Non una mediazione, l'Italia non ha nulla da offrire alle parti in causa, né idee risolutive da suggerire, ma una iniziativa di buona volontà. Teheran ha dato la sua disponibilità e quella del nuovo governo israeliano verrà saggiata in settimana con l’arrivo a Roma del neo ministro degli Esteri Lieberman, apparentemente un irriducibile. I precedenti, se non risolutivi nel caso specifico, sono di buon auspicio per quello che la Farnesina definisce un approccio: la diplomazia italiana è già riuscita a riavvicinare la Libia agli Usa, e ha aperto la strada al riconoscimento reciproco tra la Libia e Israele.
Il tentativo sul fronte Iran-Israele si propone molto più modesto. Con l’intento di avviare rapporti forse non risolutivi, ma neanche formali. I due paesi del resto non sono mai stati realmente nemici, non al modo dell’Iran con l’Iraq di Saddam, per esempio, e anzi in qualche modo Teheran riconosce e protegge la sua minoranza ebraica. È un gioco di “chiama e rispondi” tra nemici disponibili, o cavie volontarie, che Franco Frattini ha deciso di favorire. La non-indisponiblità iniziale facendo presagire una buona intenzione di fondo reciproca di arrivare a un modus vivendi stabile.
È un’iniziativa “locale”, tra paesi vicini del Mediterraneo, tra i quali l’Iran si annovera. Con l’intento di promuovere un disgelo, tra i due soggetti chiave in questa fase della questione palestinese. È un’iniziativa che Frattini prende in autonomia rispetto a Bruxelles, anche se in linea con la politica genericamente negoziale dell’Unione europea. Il cui risultato potrebbe essere una carta da visita non di maniera, sostanziale, con la nuova presidenza americana.
sabato 2 maggio 2009
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