sabato 30 maggio 2009

A Sud del Sud - a Sud di nessun Nord (36)

Giuseppe Leuzzi
Osserva madame de Staël in “Corinne ou de l’Italie”: “Il culto della Vergine è particolarmente caro agli Italiani e a tutte le nazioni del Mezzogiorno; sembra allearsi, in qualche modo, a ciò che c’è di più caro e di più sensibile nell’affezione per le donne”. Il passo ha colpito anche Craufurd Tait Ramage, il viaggiatore scozzese, che lo cita in “The Nooks and by-ways of Italy” p. 86, concludendo: “Madame de Staël ha ragione”. Tutto questo si diceva, da conoscitori sul campo, nel primo Ottocento. Bisognerà rifare la sociologia. 

Avendo scoperto a ottantacinque anni la Magna Grecia, Borges se ne dice emozionato. E si ricorda commosso che Snorri Sturluson, il cantore dell’“Edda”, la saga nordica, arrivato all’etimologia del dio Thor, il Giove del Nord, che anch’esso dà il nome al Giovedì-Thursday, afferma che era in origine fratello di Ettore, per l’assonanza dei nomi, e figlio di Priamo: “Naturalmente l’etimologia è falsa, ma è quel desiderio che conta…”, dice Borges: “Sturluson scriveva in Islanda, e là ci si voleva in qualche modo legare al Sud, avvicinarsi all’Eneide… Partecipare della cultura mediterranea”. Lo stesso desiderio, dice Borges, è in altra parola fondamentale: Vaterland-Motherland, che traduce il concetto latino di patria: “Non è questa un’idea che avessero i germani, giacché per loro ciò che contava era appartenere a una certa tribù ed essere fedeli a un determinato capo”. Che un argentino scopra la Magna Grecia attraverso Snorri Turluson, questa è un’altra parte della storia. 

 La mafia dev’essere potente, potentissima, ultrapotente. Fare la politica del Tesoro e quella degli Esteri, oltre che quella dell’Interno e dei partiti tutti, senza distinzione. Più quella della Casa Bianca, e del Cremlino suo feudo. Perché così sarà ultrapotente l’antimafia. 

Lega 
C’è sempre uno che è più meridionale degli altri. “«Forse è anche un po’ troppo rustico nei modi, non trovi?», disse Buddenbrook al console. «Eh, che vuoi, è un meridionale», disse il console soffiando il fuoco nella stanza” Il meridionale dei “Buddenbrook” viene da Monaco di Baviera, che era ed è la città più ricca della Germania, al centro della regione più ricca, ma innominabile per un amburghese. L’amburghese è anche poco tedescofilo e piuttosto anglofilo. Così come i lombardi, o i veneti, che a correnti alterni si scoprono tedeschi. Bisogna sempre guardare in alto. 
 Il patriottismo delle piccole patrie è in chiave leghista il “narcisismo delle piccole differenze” di Freud. C’è un particolare piacere, notava Freud, nell’odiare, disprezzare, perseguitare, o quanto meno ridicolizzare, il vicino più prossimo: i portoghesi per gli spagnoli, i tedeschi del Sud per i tedeschi del Nord. Il fatto è che Bossi ci ha tolto, a mezza Italia se non a tre quarti, la tradizione. Non ci sono più i punti di appoggio, quasi tutti lombardi: i Foscolo, i Monti, i Parini, i Manzoni, gli Amatore Sciesa, i Viva Verdi, e forse anche Cavour. Resiste stranamente Garibaldi: per l’aspetto ribaldo?

Sicilia 
Nel 1984 Borges è stato a Palermo e ha scoperto che i siciliani si dicono normanni. Non capisco perché, si dice. No sa che cos’altro i siciliani dicono di se stessi. 

 Dice Aragon di Quasimodo: “In Quasimodo la Sicilia spiega il mondo”. Che è semplice. Ma è anche ambivalente: che la Sicilia spieghi il mondo è ambizione non soltanto di Quasimodo ma di tutti i siciliani. Ed è inutile cercare se è fondata: è folle, affascinante. 

 La Sicilia sarà sempre stata una colonia, come dice il Gattopardo. Li mettono dentro senza riguardi come mosche appena scoprono che sono siciliani, banchieri, cavalieri del lavoro, poliziotti, prefetti, perfino giudici – ci hanno tentato con Falcone. 

Può darsi che i siciliani siano tutti corrotti e stupidi. Ma è improbabile. Li inchiodano con la sicilianità: la mafia come carta moschicida, a nessun costo. E se avessero la schiena incurvata, con tutte le loro grandezzate e spietatezze? 

Non sanno non essere eccessivi. Il vescovo Quadrarius Famidius non li amava. Il vescovo normanno di Palermo, che costruì la cattedrale, in una lettera definisce i siciliani “astuti nel far del male e neutri di fronte all’offesa”. 

 Ai bambini francesi, secondo Valéry Larbaud “Color di Roma”, 48), si usava dire che “soprattutto le api italiane sono cattive”. Ma venivano dalla Sicilia. 

 Milano 
Una Medea in riva al Lario non fa freddura. Nonché sembrare improbabile - ci vogliono per questo passioni forti. E d’altra parte la moglie di Berluconi è una Medea atipica: vuole sì distruggere i figli e il marito, ma senza essere stata tradita. 

Le donne delle tragedie, Medea, Fedra, Didone, vogliono essere prima abbandonate – Antigone no, ma lei era proprio la figlia di Edipo. La moglie di Berlusconi no: ha l’addetto stampa, interviene alle elezioni, e ha abbandonato lei per prima il marito, giustificandosi col porcile di Roma che è maleodorante. In questo è, senza freddura, una vera Medea di Lombardia, dove la più forte passione è il calcolo. 

 È a Milano e non a Napoli, dice Dionisotti nella sua “Geografia e storia della letteratura”, p. 170, il destino dell’Italia, già nel Quattrocento. Quando Milano decadde, passando di mano in mano, si ebbe il sacco di Roma, la fine della politica medicea, la fine di Firenze, eccetera.

 Tornerà questo triste passato con la moglie di Berlusconi? “Noemi è una ragazza che abbiamo portato avanti con amore e siamo orgogliosi di lei e di come si comporta. Nessuno può smentire questo, da Veronica Lario in giù”, dice il signor Letizia, ospitato dal “Mattino” di Napoli per un’intervista riparatrice: “Per il resto credo che ognuno debba guardare dentro casa sua e non in quella degli altri”. 

Nella farsa dei Berlusconi un po’ di buonsenso. Ma non per il “Corriere della sera”. Sul giornale di Milano Fulvio Bufi ne dà notizia così: “Mia figlia è illibata. Ricordatevi questa parola: illibata”. E basta. Vogliono ironizzare, Bufi e il giornale, e noi sappiamo perché. Mentre che in casa di Veronica-Medea Lario-Berlusconi le figlie fingano di studiare e facciano figli veri, con chi capita, questo non è materia d’ironia né fa notizia. 

 Le due Moratti, la moglie del petroliere, sindaco di Milano, e la moglie del presidente dell’Inter, si fronteggiano da Santoro sulla gestione dell’Expo 2015. La Moratti dell’Inter, che al Forte dei Marmi, dove ha la villa più sontuosa, si candida per Rifondazione, attacca la cognata per le speculazioni edilizie. La Moratti sindaco ribatte: “Alle ultime elezioni eri in lista col mio avversario, il prefetto Bruno Ferrante. E Ferrante lavora con il gruppo Ligresti”. Poche righe sui grandi giornali, e nessun commento. Nessuno sdegno da parte dell’incredibile Stella, che se la cosa avesse avuto odore di meridione ci avrebbe ammannito almeno un paio di paginate. I fratelli Moratti, e le loro mogli, non sono nemici e anzi si frequentano. Mourinho, l’allenatore dell’Inter, che lo onora con l’ingaggio più alto al mondo, anche se ha fatto sfigurare la squadra di fronte all’Anorthosis, dice e ripete quanto il Real Madrid sia squadra più bella e affascinante dell’Inter. Il patron dell’Inter Moratti risponde allungandogli e migliorandogli l’ingaggio. È Milano: ragiona a calci in culo. 
 Rabelais ha un préstinateur, uno a metà tra il predestinato è l’impostore. Il neologismo viene riferito a Calvino, ma potrebbe ben essere l’ambrosiano. L’ex ministro Lucio Stanca confida la verità a Roberto Gervaso sul “Messaggero”, l’Expo milanese del 2015 è un investimento colossale: “L’Expo vale tre volte il ponte di Messina, si spenderanno quindici miliardi”. leuzzi@antiit.eu

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