“Se c’è una possibilità di dialogo con l’America, questa passa da me”, è quello che Khamenei ha voluto dire tramite Ahmadinejad. L’ha voluto dire ai suoi critici interni, non a Obama. È un messaggio tutto interno, a quelli tra i grandi ayatollah che gli avevano consigliato moderazione e le fine del lungo isolamento, dopo il messaggio del presidente americano al Cairo.
Khamenei sa che ha minime possibilità di recuperare il credito perduto con la repressione. Nessuna se l’Occidente dovesse bloccarne il commercio estero. Ma sa anche che quell’Occidente può essere solo Obama, l’America. I paesi europei non tiene in nessun conto, e anzi li usa (il vertice di Trieste, come già il ridicolo contenzioso con Londra) per riprendersi il carisma che ha perso con la repressione.
A Obama ha fatto rispondere non a caso il giorno di Trieste. Dove infatti il pomposo G8 degli Esteri, pieno di Solana e Benita Ferrero-Waldner (chi è?), si è dispiaciuto e nient’altro. Il messaggio a Obama è stato un segno di disprezzo verso l’Europa. E non necessariamente di paura. L’Iran sa che l’America dopo Bush sarà a lungo inattiva. Sa come tutti che Obama non ha ancora una politica estera, tutto preso dalla crisi, con gli incredibili fallimenti ancora all’orizzonte. Né può incalzare l’Iran in nessun modo: nessuna forma di blocco passerebbe all’Onu. Anche perché l’Iran non è inadempiente in alcun modo con la comunità internazionale, solo non ha firmato il trattato di non-proliferazione, in non piccola compagnia.
Insomma, Khamenei sa che, finito il containment di Bush, non ha da temere nulla: l’Europa non c’è e l’America lotta per sopravvivere. Ma questa carta estera gioca a fini interni. Sa anche che è solo. In campo internazionale e, ora, in campo interno. E che quindi, paradossalmente, è più debole, sia all’interno che all’estero. La decisone sul nucleare, approssimandosi, si trasforma da punto di forza in trappola. Khamenei sa che non può recedere. Ma anche che non sarebbe interlocutore credibile. E cerca tempo accreditandosi come tale.
Il tempo però è sempre corto per il leader iraniano, ormai sconfessato all’interno. Tanto più se l’inazione Usa continua: se Obama non potrà avviare presto una politica estera precisa e decisa, non ci potrà essere quel munifico “pacchetto di pace” che solo può far recedere Khamanei dalla bomba H con onore.
sabato 27 giugno 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento