Un navigatore solitario, Schiavi, e un appassionato di web, con una solida trequarti diessina, anzi dalemiana: Fontana promosso condirettore, e Macaluso, più la spumeggiante Barbara Stefanelli, che fa pure quota rosa – oltre che per fare maggioranza in un ipotetico areopago: tre vice-direttori a due. Si precisa con i vice-direttori il senso dell’avvicendamento, il secondo in dieci anni, tra Mieli e de Bortoli alla direzione del “Corriere della sera”: la gestione liberal di Mieli passa a quella vecchio compromesso storico, sotto le specie di D'Alema e del cardinale, di de Bortoli. Con un ruolo come da prassi inverso per i direttori: per la macchina compromissoria tritasassi un sorridente liberal alla direzione.
Tra Mieli e de Bortoli non c’è in realtà un mutamento di linea, se non per il diverso carattere dei due, più accomodante de Bortoli. Ci sarà meno Olocausto e meno Israele. E più arcivescovado, con i valori della vita, che peraktro sembrano incontrare il gusto dei milanesi, che si riaffezionano al giornale dopo le sbandate estremiste. Ci sarà anche meno Lega. Ma non è un rivoluzionamento. Il giornale è sempre più di Bazoli, il banchiere cattolico bresciano che in pochi anni ha rivoluzionato la finanza e il potere di Milano, a lungo laici.
Lo scambio Mieli-de Bortoli è stato rifatto per allontanare dalla vice-direzione i due laici, Di Vico e Battista, spiriti troppo critici per il “Corriere”. Che per questo li immola e li santifica. E con loro a cascata Cevasco e gli altri liberi battitori. Senza nessuna reazione peraltro dalla redazione. Che è più pluralista oggi rispetto agli anni di piombo della gestione Fiengo, ma un po’ per la crisi e un po’ per la diversa mentalità generazionale si disinteressa della linea del giornale.
Il “Corriere” resta in area democratica, presidiata dal solido Perricone, ma con un netto colpo di barra: oggi l’amministratore delegato è più dalemiano che ulivista (prodiano). De Bortoli, che dieci anni fa, quando D’Alema era in auge, ebbe con lui scontri prolungati, sia al “Corriere” sia, dopo, al “Sole”, addirittura con cause per danni, ha subito disposto nella sua nuova vesta una lunga “anticipazione” di un libro per altri versi ignoto di D’Alema, “Il mondo nuovo”. Che poi è andato a presentare a Torino, alla Fiera del Libro.
Il cardinale servirà a riportare il giornale nel cuore dei milanesi, frastornati da Berlusconi. Il cambiamento politico è invece in dierzione più diessina che democratica alla Rutelli-Veltroni. Come già dieci anni fa, Massimo D’Alema è tornato nel cuore dei banchieri di Milano che gestiscono il gruppo del “Corriere”, Bazoli e Geronzi – allora c’era Cuccia. Personalità diverse e anche inconciliabili, i due banchieri, ma uniti dalla stessa filosofia (che è poi quella dell’Avvocato Agnelli, il personaggio di maggior successo della Repubblica): affari a destra, cuore a sinistra. Che è più divertente, quando non costa.
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