Elogio funebre di Aldo Cazzullo su “Io Donna” per Nico Orengo: “Lui non era Proust, ma non era un cialtrone”.
La D’Addario ha cancellato Zappadu nell’immaginario democratico. E la Serracchiani?
Al quinto giorno, c’è solo una foto presentabile della quasi onorevole D’Addario con Berlusconi, a un incontro di strada.
Col fotografo, certo, appostato per ritrali nello stesso fotogramma: l’attimo fuggente va preparato.
Non trascura colpi il “Corriere della sera” al suo secondo golpe. A Berlusconi fa dire che è vittima a Bari del complotto di una potenza straniera – non a Berlusconi, ai suoi. Poi argomenta che la potenza è l’America: “Fonti istituzionali raccontano, dopo l’incontro con Barack Obama, che le apparenze ingannano. Che la sostanza della visita alla Casa Bianca non è quella della conferenza stampa di quattro giorni fa, che il Cavaliere per Washington non è più un vero amico”. Fonti istituzionali, cioè Fini? Schifani? Napolitano? Ma non ha limiti Milano, che nella turpitudine accomuna disinvolto Obama: anche il presidente americano è uno che qui lo dice e qui lo nega.
La Procura di Bologna non apre indagini sul candidato sindaco del Pd accusato dal concorrente: “Non interferiamo col voto”. La procura di Bari invece non ha ancora elementi ma fa sapere che Berlusconi è al centro di uno scandalo di squillo. Proprio per interferire col voto di domenica, non essendo riuscito l’incredibile sindaco Pd, Emiliano, un collega magistrato, a vincere al primo turno.
Toghe rosse, come direbbe Berlusconi? No, i magistrati sono in generale fascisti. Si schierano contro di lui come contro qualsiasi tentativo di democratizzazione dell’ordine giudiziario. Che finora sono sempre riusciti a evitare con una ricetta semplice: azzoppare la politica.
Zappadu non si sa chi sia. Figura fotografo free-lance. Ma opera da “quattro postazioni distinte”. Ha una fiduciaria in Colombia. Ed è nuovo leader della sinistra, più di Serracchiani.
Berlusconi lamenta con gli industriali il disfattismo dei giornali, “che tutti i giorni cantano la canzone del pessimismo, del catastrofismo”. Lo storico Adriano Prosperi argomenta su “Repubblica” che il disfattismo fu l’arma di Mussolini: “Il disfattismo fu per il fascismo un fantasma necessario, continuamente evocato, il responsabile a cui imputare le difficoltà e gli insuccessi”. Di più, era l’arma con cui Mussolini “corruppe” gli italiani. Oggi, argomenta ancora lo storico, “l’esito è identico: si chiama corruzione e affonda le radici in un vuoto di memoria e di cultura civile”.
È il vuoto della memoria del sovietismo, che ancora ci ammorba? No, del fascismo: Berlusconi è sempre più votato, argomenta Prosperi, ma “questa verità non ha operato nel senso giusto, non ha spinto le istituzioni della Repubblica e la coscienza degli italiani a fare i conti con la nostra storia con la radicalità e la durezza con cui i tedeschi anno fatto i conti col nazismo”.
Ora, questo è sbagliato: tutti sanno che è il contrario, le “istituzioni della Repubblica” e la “coscienza degli italiani” hanno fatto i conti col fascismo con ben più radicalità e passione che la Germania. È il sovietismo che la Germania ha affrontato “con durezza e radicalità”, che invece le istituzioni della Repubblica e la coscienza degli italiani rimuovono.
Gheddafi viene a Roma come alla fonte di ogni onore. Se Obama lo invitasse in America, non ne trarrebbe altrettanto gusto. Tutto ciò che riguarda Roma è per i libici oggetto di culto, dalla Banca di Roma alle rovine di Sabratha e Leptis Magna, alle cliniche romane dove passano le vacanze. La Libia è l’ultimo – l’unico - posto dove Roma è ancora oggetto di culto.
Da quaranta giorni “Repubblica” ripropone le dieci domande che il giornalista D’Avanzo pose a Berlusconi sui Letizia e la figlia Noemi. Ora perfino, tristemente, tradotte in inglese. È il procedimento che il “Manifesto” usò contro Fanfani e De Mita. Quarant’anni fa, quando tutti eravamo il “Manifesto”. E bastava una sola domanda.
Nel frattempo, tutti sappiamo che è e cosa vuole Noemi. La novità sarebbe un book di D’Avanzo, nel genere fantasy.
L’australiano Stoner, motociclista della Ducati, è servito da un’intervista sul “Corriere della sera” in cui "gli altri" sono scorretti, sleali, e bugiardi: "Io invece mi ritengo molto corretto". Gli altri, si arguisce da una tabella del giornale, sono latini: italiani e spagnoli.
Stoner sta bene solo con Hayden: "Condividiamo i dati e le esperienze, lavoriamo insieme: questione di differente cultura sportiva". E questo perché Hayden è americano - gli americani, come si sa, non barano. Stoner vince con la Ducati, ma lui non ha amici nella Ducati.
Puro Ottocento, ma il giornale non se ne accorge.
Poi si corre a Barcellona, e Rossi entra nella storia con uno dei sorpassi sleali e bugiardi di Stoner. Il quale non sa dire altro che: “Avevo il mal di pancia”. Questa è proprio lealtà.
Passate le elezioni, che Berlusconi ha vinto, Murdoch si fa fare un’intervista da una delle sue tv dove dice che lui mai ha dato al “Times” l’ordine di attaccare Berlusconi. Perché il “Times” è il “Times” eccetera. Ma non ne ha bisogno, si vede benissimo (sapendo l’inglese e avendo un abbonamento a Sky) da come l’intervista viene fatta, Emilio Fede è al confronto un campione di non servilismo.
I giornali italiani ne riferiscono invece come di un esempio di ottimo giornalismo: l’intervistatore “lo incalza”, eccetera. Incalza uno che ha distrutto il “Times”, alla lettera. Ha imposto ovunque, “Times” compreso, giornaliste di fiducia, le prime erano australiane. Ha anticipato il giornalismo dei reality. I giornali vendendo con le minorenni nude, purché procaci. E personalmente non sa nemmeno lui quante famiglie ha. Un uomo d’affari, che come tutti invidia a Berlusconi la sua fortuna in politica. Ma esce sui grandi giornali italiani come il grande difensore della verità.
Fini e il Pd vogliono il voto segreto contro la legge sulle intercettazioni, e uno pensa: ecco, Fini è il nuovo capo della sinistra, è tutto Andreotti. E così è: si vota, infatti, e buon numero degli ex Dc del partito Democratico vota a favore della legge. Con l’apprezzamento di autorevoli Democratici per il neo Fini.
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