giovedì 4 giugno 2009

Secondi pensieri (26)

zeulig

Amore - Ha pochi anni, prima non c’era.

Incostante, è immutabile. Non è darwiniano.

Corpo
- Per il cristiano è tutto. Gesù Cristo è venuto in veste di guaritore, itinerante. Guariva lo spirito guarendo il corpo.

Dio – Per prima cosa è motivo di sfida, prima ancora della creazione. Quando era solo nei cili con gli angeli, anche questi lo sfidavano.

Filosofia – L’approccio razionale - con escursioni fantastiche che sono estensioni della razionalità (rovesciamenti, enucleazioni, focalizzazioni, e anche le religioni e i buoni sentimenti) - alla vicenda umana è inconcludente, è manifesto. Non c’è risposta perchè non ci può essere, è evidente. Forse un altro approccio potrebbe essere più concludente - più umano - della razionalità: il silenzio, o la violenza, il disordine. Non quello della scienza, dei “sistemi” disordinati, che usa il caos per arrivare a una ragione, ma la deriva all’inutile, all’insignificante.
O allora la vicenda umana, con tutte le sue estensioni logiche e oniriche, non è altro che una concrezione occidentale, come è avvenuto di altre specie animali altrettanto complesse, e altrettanto passeggere, in rapporto ai tempi dell'universo. L’uomo ha un inizio, perché non dovrebbe avere una fine.

Giornalismo – Abolisce il tempo, esercitandosi sull’istante. Anche se con sincronie e reminiscenze, ma volutamente senza memoria, l’arte di narrare il presente su esercita sul vuoto, se il presente è un essere in fieri, un’attesa, un continuo rinnovo.
È il presente il vuoto? Può esserlo, se è evento senza coordinate, temporali e spaziali – un prima e un dopo, un nord e un sud. La realtà è sempre residua, ed è la storia.

Identità – La crisi è essenzialmente letteraria, da Pirandello a Tabucchi, da Joyce a Bernhard. Di un personaggio, l’Autore, che si vuole fortemente identificato, seppure nella sua crisi.
La crisi è una tecnica di ricerca, un compiacimento estetico, un artificio narrativo (espositivo): l’Autore afferma orgoglioso l’incertezza del suo affermarsi.

Immagine – È, si dice, di qualcosa. Invece è di sé, uno specchio: Ovvero: quel qualcosa è l’Immagine.
Il rapporto è chiaro in pittura. La cosa (il soggetto) può solo interessare alla catalogazione iconografica, alle indagini sulla committenza, ma è, per storici e contemporanei, la sua immagine.

Incredulità – La Riforma è ritenuta volgarmente in Italia la rivoluzione della libertà. Ma altre strade ha percorso la verità in Occidente: Tommaso moro, Erasmo, Spinoza. Anche se dalla Riforma ha mediato, involontariamente, l’incredulità. L’incredulità non è principio etico, ma con essa la verità (libertà) si deve confrontare. Significativamente diverso è stato il Percorso della Riforma (v. Novalis, Max Weber).

Malinconia – Origina nelle pause. Voltandosi indietro, inevitabile si vedrà tutto quello che è stato e non sarà – da cui la vita come occasione perduta.

Misticismo – Wittgenstein, che parte da una logica pura, vi approda. È amore di se stessi, consolatorio. Al più alto grado, è vero.
Ogni metafisica vi approda: la realtà si trasforma da ente in simbolo. Esprime una forma di logica allegorica, di conoscenza per evasione, o volontaria.

Morte - È inaffidabile. Come il tempo, che ne è materia: si può essere morti anche ieri. E vivi dopo due millenni.

Sogni – Sono storie, dettagliate, teatrali o filmiche. Frammenti di storie, ripetuti, esagerati, e pieni del senso completo delle storie, che quindi sta in agguato, dietro. Oppure segnali: vibrazioni, stimoli, anch’essi ritornanti. Oppure reiterazioni ossessive. Tutti linguaggi ripetitivi, benché in immagine, manierati, e non inventivi. Sempre sono un fatto nervoso, per la ripetizione.

Sono ancillari. Da analista se uno se ne serve per l’analista, da poeta se fa il poeta, da filosofo, da narratore, da viaggiatore perfino, da metalmeccanico che uno fa il metalmeccanico, e ossessivi, depressivi, liberatori, raramente. Sono rivelatori ex post: partendo da esigenze e punti di osservazione post-stabiliti, quelli felici non essendo specialmente interessati – la felicità, per quanto rara, è piena.
Ma hanno sempre effetto cumulativo. Il che potrebbe voler dire ce liberano i felici e opprimono i depressi e i deboli.

Storia – Quella del popolo non si può fare. Quella materiale sì, ma non riguarda il popolo, se non come gli eventi naturali. Quella della mentalità no, è falsa ed è prepotente – alla stessa maniera degli archivi liberi popolari: è l’iniezione di messaggi sempre eterodiretti su una massa informe di notizie.
Dei periodi popolari la storia non c’è. Dell’alto Medio Evo, o dell’Italia democristiana. Non negli annali e nemmeno nella pietra, anche se i conglomerati casilini, tiburtini e tuscolani sono ben piantati e parlanti. I popoli entrano nella storia tramite la sovversione, altrimenti si lasciano fare.

Scaccia la vita: giorno dopo giorno, minuto su minuto, la respinge, la sommerge nella memoria. Che è la vita. La vita è la storia – che quindi si nega, respingendosi nella memoria.

Non è un ritorno, se non si può riportare il tempo indietro. La storia ti si attacca addosso.

È vagabonda, diverte molto gli storici. Ma, diceva Orfeo, è una palude.

Diverte molto gli storici forse perché, stando a Freud, è finita nell’infanzia, dopo è rimozione, invidia, aggressività, transfert. O è già finita nella vita prenatale? Allora è biologia?

La storia degli uomini è diversa da quella dell’universo: questa è democratica, uguale per tutti gli elementi, anche se selettiva, quella premia il successo – che è solo apparentemente una tautologia, direbbe Darwin.

I tanti discorsi che se ne fanno sono inconcludenti perché in realtà vogliono fissare la storia, Cioè fermarla, abbatterla, una contraddizione.

zeulig@antiit.eu

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