Si è rinnovato con Berlusconi, come con chiunque altro, il rapporto speciale dell’Italia con gli Usa. Che l’hanno salvata dal fascismo, e poi dal sovietismo, e sempre le hanno consentito dei piccoli spazi nel mercato. In fondo è normale che il nuovo presidente americano incontri, dopo il capo del governo britannico, quello italiano. Un piccolo asse privilegiato all’interno della Nato, e un dialogo sempre diretto, che ha pagato per l’Italia dividendi consistenti. Dandole dignità politica: l’Italia è ormai da sessant’anni con gli Usa quello che non si pensa, un alleato affidabile.
Gli Usa sono anche una sponda necessaria nella scelta europea, tanto obbligata quanto insoddisfacente. Non per nulla l’inaffidabilità italiana è creazione inglese e tedesca. Sempre ci sono problemi con questo o quel paese europeo con cui l’Italia è in teoria unita. Il caso Opel è solo uno dei tanti, anche se inverecondo, la scelta tedesca essendo stata dettata unicamente dal pregiudizio antitaliano. A fronte del nessun pregiudizio americano per la Chrysler, che pure impegna più capitali del Tesoro Usa che non la Opel – almeno dei finanziamenti che si conoscono, perché ce ne sono di surrettizi, anche questo è Germania.
Aspettando l’Iran
L’Italia è stata sempre alleato affidabile degli Usa, anche quando con Mattei e poi Fanfani sembrò attuare una diversa politica in Medio Oriente. Dove più spesso ha invece aperto dei varchi alla diplomazia americana, con l’Egitto, con i palestinesi, con l’Algeria, e poi con Gheddafi. Per non dire della Cina, un “riconoscimento” che Pietro Nenni al ministero degli Esteri preparò – così lo intendono i cinesi. L’affidabilità è stata massima anche nel caso difficile della guerra al Vietnam, che Moro difese.
Di più lo è diventata con Craxi. Che sembrò sfidare gli Stati Uniti di Reagan nel bombardamento di Tripoli e nell’hijacking della “Achille Lauro”, ma se ne era conquistata la stabile fiducia con gli euromissili. Una decisione, quella italiana di accettare gli euromissili Usa, che contribuì al crollo del sovietismo, vedendo il bluff dell’impossibile riarmo a oltranza. La lealtà fu rinnovata da D’Alema nella ex Jugoslavia, specie nella guerra alla Serbia di dieci anni fa, e in Libano. E da Berlusconi, ma senza reale opposizione, in Iraq, in Afghanistan e nei rapporti con la Russia. Sempre bilateralmente, senza aspettare le inesistenti posizioni europee. L’Iran potrebbe essere il nuovo più importante impegno italiano di scouting.
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