Il digitale è democratico, moltiplica i canali e l’offerta, il pluralismo quindi, facendosi pagare dalla pubblicità. Una sorta di free-press per tutti, e per ogni bisogno o curiosità, comprese la cucina e la vita sui monti. Ma quando la pubblicità non c’è, invece di morire può a ragione chiedere un piccolo fee: un gettone, un ticket, un abbonamento. È quello che si accingeva a fare Raisat. Sganciandosi dalla piattaforma Sky per lanciare una propria piattaforma, con Mediaset e La 7, con un abbonamento modesto per un’offerta molto ampia. Un progetto innocente, se non urtasse nel monopolio di Sky, cioè di Rupert Murdoch, uno che non tollera concorrenti. Il progetto Raisat, in elaborazione da due anni, andrebbe realizzato ora, alla scadenza a fine mese del contratto con Sky, e quindi con Berlusconi. Contro il quale Murdoch ha avuto buon gioco a lanciare una campagna scandalistica, con i telegiornali e i programmi Sky, e con i suoi giornali inglesi. Campagna che il governo vorrebbe disinnescare sacrificando il satellitare Rai. Invitata a rinnovare il contratto con Sky.
Una brutta vicenda di affarismo. All’insegna del monopolismo, e anche della corruttela dei media. Per combattere la quale Raisat ha trovato però tutte le porte chiuse: non solo l’Autorità per la Comunicazione non ha nulla di dire, ma il partito Democratico e tutta l’opposizione è schierata per Murdoch, quale alfiere dell’antiberlusconismo.
In mancanza di un utilizzo adeguato delle potenzialità di Raisat, peraltro, tutti i conti Rai sono destinati a peggiorare. Con il calo crescente della pubblicità, e l’impossibilità di adeguare il canone Rai di base, “l’odiosa tassa”.
giovedì 2 luglio 2009
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