astolfo
Anversa – La “nouvelle Carthage” di Georges Eekhoud, per industria e capitali. I cui quartieri si chiamano la Fabrique, la Bourse. “Anseatici fastosi” dice Eckhoud, “che si recavano alla Cattedrale o alla Borsa preceduti da suonatori di piffero e di violino”. L’orgoglio della borghesia portato all’ostentazione.
Non protestante.
Autocritica – La facevano i comunisti. Ma era d’obbligo per gli antichi egizi quando avevano ammazzato, per esempio una pulce o un serpente. Gli egizi avevano una coscienza ecologica.
Biedermeier - In Italia viene imposto dopo l’unità, in controtendenza e fuori epoca. Fa da Ersatz alla vera e propria borghesia, quella intraprendente e liberale, che i Savoia temevano.
Indizio - È il sintomo. E ne ha l’ambiguità. Nei tribunali come nei romanzi gialli, e ora nella storia. L’opinione ricevuta ne fa elemento di colpevolezza in sé, per un rilievo o una causalità che esso conterrebbe e invece gli viene attribuito. Per convenienza dallo storico, per pigrizia e animosità dall’investigatore e dal giudice. Lo stesso indizio può avere significati diversi, invece, e perfino opposti.
I gialli sono più onesti: l’investigatore vi opera come il medico di un tempo, il quale, senza l’ausilio degli accertamenti diagnostici, suppliva con l’occhio clinico: sceglieva un indizio-sintomo e su quello organizzava la terapia, l’analogo del giudizio ma temporaneo e in attesa di riprova.
Il suo valore di prova viene a posteriori: è la colpevolezza che fonda l’indizio, e non viceversa.
Protesta – Ha una bizzarro attrazione, neanche inconscia, al conformismo. Si può pensare ai centri sociali, ai writers, al popolo di Seattle, o è Porto Alegre, come a un desiderio intenso di menare le mani. Cioè, più correttamente, di essere confrontati dalla polizia, non dagli assessori, dai condòmini, dai banchieri, ma da lavoratori incazzati neri sotto la bardatura anti-sommossa, con i quali darsele, per poter fare qualche giorno in ospedale e qualche giorno in prigione. Questo è logico, e anche accettabile, nella logica generazionale e in quella dell’avventura. Ma poi i centri sociali vogliono diventare birreria o pizzeria, senza pagare l’affitto dei locali al Comune, i writers vogliono spazi, altrettanto gratuiti, per i loro murales a stingere, e qualche premio alternativo, i no global sono i nuovi Verdi, che coltivano con la minaccia della violenza un posto in Parlamento.
Totalitarismo – È il dominio delle coscienze. È evidente nel caso del comunismo come del fascismo: i cittadini – il popolo, la gente, la massa – ci credono, ne sono convinti, ne sono rassicurati e anzi esilarati. Ne sono soggetti attivi. Risponde alla psicologia semplificatrice. Che può essere quella del terrorista come del piccolo borghese. Ma il fatto è psicologico: non c’è un fatto politico caratteristicamente totalitario. La Repubblica, che si fonda e opera su una costituzione democratica, nei principi e nelle articolazioni, è senza dubbio totalitaria: nella struttura di potere (non c’è ricambio, malgrado le elezioni), nel controllo politico (le centinaia di assassinii politici impuniti, di sindacalisti, braccianti, operai, morti eccellenti, in piazza e in carcere, e per terrorismo o stragi), nel controllo sociale (concussione e corruzione).
Ha sì una strumentazione illimitata, di controlli e violenze, ma se la può permettere in quanto s’è impadronito delle coscienze. O altrimenti è tirannia, la moderna dittatura. Tanto più complicato e irresistibile della dittatura poliziesca è quello culturale o sociale, delle dittature comprese, che è “democratico”, e cioè perfettamente totalitario, senza resistenze o opposizioni, e anzi convinto.
Il funzionamento, cioè il controllo, della democrazia era il tormento dei ricchi-e-potenti della Trilaterale, a cavaliere del 1970.
È la follia del progresso portata a conseguenza. Progresso come dominio degli istinti e della natura, del gioco delle azioni e reazioni, della dialettica. Poiché è fallito se ne dà immagine caricaturale, di un dominio violento in ogni sua articolazione. Mentre è fallito in un paio di casi, per la loro violenza, è vero, ma è qui tra noi in forme nemmeno tanto subdole. È il perfezionamento della teoria politica come disposizione o ordine. È un’utopia matematica, che fosse geometricamente definita in ogni punto.
Totalitaria è tuttavia la natura, tale che nessuna difesa è da essa possibile – ci si può difendere da Dio, dalla natura no. E dunque è la follia del progresso una seconda natura, natura naturans?
È fenomeno del Novecento. Perché è legato alla comunicazione di massa, e alla pubblicità o propaganda.
Si alimenta nella ristretta circolazione delle idee. Che sembra in contrasto con la diffusione abnorme della comunicazione. Ma non si trasmettono idee. Non c’è dubbio che il fondamento del totalitarismo è nel blocco dell’opinione pubblica.
Uguaglianza – È la giustizia: va contro la giustizia ciò che non è uguale.
Ma non c’è senza uniformità - è quindi ingiustizia?
Può solo essere aritmetica, economica. E d’altra parte c’è un’istintiva ripugnanza a considerare la libertà come libertà di commercio, economica. Anche perché in questo quadro pochi hanno posto: se la libertà – e il potere – va col commercio,m ne dispongono i commercianti. E dunque l’uguaglianza non va con la libertà? O va con la libertà dei pochi.
Unico - Il figlio unico eredita troppo.
astolfo@antiit.eu
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