astolfo
Anticapitalismo – Quello di sinistra è ormai solo di destra – antimarxista: estetico, aristocratico, apocalittico, superomista. Identico anche il non detto: il disprezzo della libertà.
Capitalismo - È caduto con la crisi l’ultimo appiglio dello spirito protestante del capitalismo – che in Italia si attribuisce a Max Weber. Si sapeva che il capitalismo è stato cattolico, e ebraico, prima e dopo la Riforma. Dove l’indagine di Weber poteva verificarsi è nel fatto che il capitalismo moderno, che è la democrazia liberale, si realizza correttamente, e forse al meglio di se stesso, là dove c’è un pluralismo sociale reale, cioè un concorso d’interessi. Questo avveniva nelle società protestanti: Usa, Regno Unito, Scandinavia. In Francia e in Italia, e nella stessa Germania, a metà cattolica, a metà pietista, il capitale non è libero – regolato cioè da leggi uguali per tutti – ma è sanzionato dal potere politico: è il governo e non la legge che decide se una azienda va protetta oppure no, e perfino se va fatta fallire oppure no. Ora questa differenza, se mai c’è stata, non c’è più.
Lavoro - È aristocrazia. Solo con l’applicazione si realizza il bello-e-buono. Anche attraverso la pause, certo – il tempo è fatto di pause. Se non si costruisce non si è.
Il borghese fallisce quando accumula per non più lavorare – per non accumulare: i figli disappetenti e tutti coloro che vivono di rendita. I borghesi di Zola possono essere così sordidi solo perché vivono di rendita, o quelli di Gadda, ancorché elemosinata. Compresi i figli che s’immaginano la rivoluzione, sempre per disappetenza, mangiandosi svogliati le consonanti.
Medio Evo - È il minimo comune denominatore europeo, il punto in cui i barbari, slavi, tedeschi, britanni, vichinghi, si sono messi alla pari con i civili. Tra il prima imperiale e il dopo rinascimentale – durato fino a tutto l’Ottocento, la rivolta dei barbari è il Novecento.
È il Medio Evo del bruto feudatario e del fabbro. Non di altri mestieri che, per esempio il muratore, avrebbero perpetuato l’antica divisione tra barbari e civili. Per non parlare dei mestieri riflessivi, come il ciabattino – per il quale bisogna portare le scarpe.
Novecento – È, in Europa, i barbari al potere. Fino a tutto l’Ottocento i barbari, slavi, tedeschi, vichinghi, integrati in qualche modo nella civiltà nei lunghi secoli del Medio Evo, hanno cercato d’imparare anche il Rinascimento, con qualche difficoltà. Il corso è durato quattro secoli, fino a fine Ottocento, quando hanno pensato di avere imparato abbastanza.
Occidente – Lo distingue la condizione della donna, e dei diritti umani in genere, così si dice. No, lo distingue l’amore, la metafisica dell’amore. Che non c’è nelle altre culture, in africa o nell’islam, tra gli Aztechi o i Maya, in Cina, in Giappone, in India - c’è arrivato nel Settecento, con la Monaca portoghese, è di diritto comune dagli anni 1930, col cinema.
Pedagogia – È la scienza umana in più grande richiesta, proprio mentre, o perché, la sua istituzione specifica, la scuola, perde identità e si demoralizza. Le masse di turisti che pendono dalle labbra di ciceroni improvvisati, le masse che bevono reverenzialmente la tv (“l’ha detto la tv”), le masse acculturate delle visite guidate, per le quali i musei si sono riorganizzati in funzione didascalica e semplificata.
La crisi della scuola ne è una causa, più che un effetto: non c’è nessun orgoglio nell’aver fatto una buona scuola (un tempo si vantava anche una semplice licenza elementare: “Ho fatto un’ottima quinta”), mentre c’è di qualsiasi viaggio o gita fuori porta. Mancando di criteri di giudizio, naturalmente ci si accontenta di assicurazioni: “il più antico”, “il più grande”, “il più ricco” eccetera. La rassicurazione è la chiave di questo bisogno di pedagogia. Non è una domanda di cultura – d’intelligenza critica – ma di sicurezza. Così è vissuta la storia, come un altro evento dell’attualità. I cui elementi di lettura devono essere semplificati: rassicuranti e inadeguati. L’Occidente si è messo al passo della civilisation americana, in non molto tempo, trenta, forse quaranta, anni. Di masse inacculturate, che tuttavia ritengono proprie la cultura greca e quella romana, e l’opera omnia di Bach, e se ne appropriano attraverso il criterio pseudo-agonistico del “più”. Sono così contenti, e oltre non vanno. È la “vecchia” civiltà di massa, di cui si temeva l’avvento e che ci ha già seppelliti.
Psicanalisi – Fa della liberazione una prigione a vita: l’analizzato-ando non ascolta più, e forse non sente, imbozzolato nel suo sé liberato-ando. Nell’informe, irrealizzato e irrealizzabile concetto del sé, e del sé “realizzato”. Parola che non ha nemmeno un senso. Eh sì, l’analista agisce proprio come il quaresimalista sulle beghine – solo al rovescio, prospettando la salvezza attraverso l’affermazione invece che attraverso la rinuncia.
Nata per curare l’isteria, avrà indotto la depressione. Altra malattia incerta, ma sicuramente di massa e indotta, che comunque si cura solo chimicamente. L’analisi, che non sa curarla, non l’avrà idotta, anche nei non pazienti? La induce indirettamente, per il tipo di liberazione che prospetta.
Sarà stato detto che è una forma di preghiera, sebbene al dio sconosciuto. Non è infatti una confessione, è un’iterazione liturgica. Come il pep talk, è ripetitiva e ossessiva. E a carattere sadomaso invece che autocompassionevole. Cioè, l’autocompassione è volersi puniti. Anche per il peso che vi ha il sesso – o non sarà l’antisesso?
Pubblicità - È autoreferente, giustamente creatrice di miti. Si è indotti a credere alla propaganda, per quanto sfrontata, non per la sua superiore razionalità (subconscio, sublimine, eccetera, troppo sub) ma per la sua modalità ripetitiva. E alla fine non ci sono limiti: si compra, e si apprezza, l’inesistente, si crede a tutto, anche non credendo, si elimina l’avverso-ario.
Rivoluzione – È tornare allo stesso posto, e dunque? In greco, attesta Savinio, è kìnema, cinema.
Socialismo – Non è stata una buona idea legarlo all’economia. L’economia ha un peso e un’estensione enorme nel benessere. Ma non da ora, da qualche millennio, diciamo all’inizio dell’era romana. Da ora, diciamo da un paio di secoli, domina il mondo (sicurezza, stabilità, equilibrio, voglia di vivere, socievolezza), l’uomo, la personalità. E questo è male. È una mutilazione del potenziale mano. E una strada senza sbocco, anche se non intravede un’altra, per un periodo presumibilmente ancora lungo. Se il socialismo non è che economico, è impossibile. Gioca al gioco della ricchezza, che in questo suo essere economica, di commerci, profitti, proprietà, sembra debole, e invece fa il suo gioco, per quanto limitato e frustrante.
astolfo@antiit.eu
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